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Migranti, i rifugiati ambientali sono rifugiati

di Cristiano d’Orsidocente e ricercatore senior presso la Cattedra di ricerca sudafricana in diritto internazionale (SARCIL), Università di Johannesburg, da theconversation.com

Con il riscaldamento del nostro pianeta, stiamo assistendo a eventi meteorologici più frequenti e gravi, all’innalzamento del livello del mare, a siccità prolungate e all’alterazione degli ecosistemi. Questi cambiamenti ambientali influiscono direttamente sui mezzi di sussistenza delle persone, distruggendo i raccolti e impoverendo le fonti d’acqua. Inoltre, rendono inabitabili aree un tempo abitabili.

In risposta a queste sfide, molti individui e comunità non hanno altra scelta che abbandonare le loro case e cercare sicurezza altrove. La stragrande maggioranza rimarrà all’interno dei confini nazionali – si prevede che entro il 2050 fino a 86 milioni di africani migreranno all’interno del proprio paese a causa degli shock climatici. Ma alcuni attraverseranno le frontiere, facendo nascere il bisogno di protezione internazionale.

La sfida, tuttavia, è che le persone che attraversano i confini a causa delle condizioni meteorologiche non si qualificano come rifugiati secondo le principali leggi e convenzioni. Questo spostamento può essere dovuto a eventi improvvisi, come eruzioni vulcaniche o inondazioni, che possono rappresentare una minaccia immediata per la vita. Oppure potrebbe essere dovuto a eventi di lenta insorgenza, come la desertificazione o l’innalzamento del livello del mare, che potrebbero rendere la vita insostenibile.

È difficile dire con esattezza quante persone ne siano colpite, perché si tratta di un argomento complesso. Tuttavia, sappiamo che la migrazione transfrontaliera interessa decine di migliaia di persone ogni anno. Ad esempio, le condizioni di siccità del 2022, aggravate dall’insicurezza e dall’instabilità politica, hanno costretto almeno 180.000 rifugiati dalla Somalia e dal Sud Sudan a trasferirsi in alcune zone del Kenya e dell’Etiopia.

Si prevede (nell’Africa Climate Mobility Report) che il numero di sfollati a causa di cambiamenti climatici o disastri raggiungerà 1,2 milioni di persone entro il 2050. Questa cifra dipenderà dall’andamento dei cambiamenti climatici.

Senza lo status di rifugiato, coloro che sono costretti a spostarsi oltre confine a causa di eventi climatici potrebbero non ricevere un valido sostegno. A seconda del paese, il sostegno può includere il diritto di vivere e lavorare, l’accesso ai servizi sanitari o educativi e il diritto di muoversi liberamente.

Studio la protezione legale di richiedenti asilo, rifugiati, migranti e sfollati interni in Africa. Raccomando che le leggi e le convenzioni internazionali siano modificate per includere esplicitamente le persone costrette dagli eventi atmosferici a spostarsi oltre confine. Hanno bisogno di una piena protezione come rifugiati.

Mancanza di protezione

Una serie di leggi garantisce la tutela dei diritti umani fondamentali dei rifugiati. Il nucleo del “diritto dei rifugiati” è costituito dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 – un trattato multilaterale delle Nazioni Unite che definisce chi è un rifugiato – e dal suo Protocollo di New York del 1967. I rifugiati in Africa sono protetti anche dalla Convenzione dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) del 1969.

Queste leggi garantiscono loro un rifugio sicuro, l’accesso a procedure di asilo eque e la protezione dalla discriminazione. Le leggi nazionali di molti paesi africani incorporano questi principi internazionali. Ciò offre garanzie legali e sostegno ai rifugiati, aiutandoli a cercare sicurezza e a ricostruirsi una vita.

Come ho detto in un recente studio, il problema della Convenzione sui rifugiati è che esclude le persone “vittime di carestie o disastri naturali” a meno che non abbiano anche un “fondato timore di persecuzione”. Ad esempio, le persone fuggite dall’Etiopia tra il 1983 e il 1985 a causa della siccità sarebbero state considerate rifugiate perché temevano anche di essere perseguitate dalla dittatura militare (Derg) guidata da Mengistu Haile Mariam, che stava deliberatamente limitando le forniture di cibo in alcune zone del paese.

L’agenzia delle Nazioni Unite incaricata di aiutare e proteggere i rifugiati, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), segue la definizione fornita dalla Convenzione sui Rifugiati. Lo stesso vale per il Patto globale sui rifugiati, un progetto guidato dalle Nazioni Unite per i governi, le organizzazioni internazionali e altre parti interessate.

Ciò significa che le persone sfollate con la forza solo a causa di disastri ambientali non hanno diritto allo status di rifugiato, anche se meritano una protezione temporanea.

In Africa si discute se la già richiamata Convenzione sui rifugiati dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) del 1969 includesse originariamente le persone sfollate a causa di disastri naturali nella definizione di “rifugiati”. Alcuni operatori ritengono di sì, anche se questa posizione sembra limitata ai disastri causati dall’uomo.

Per quanto riguarda le leggi nazionali, al momento non c’è nessun paese africano che riconosca come “rifugiato” chi fugge da disastri naturali.

Tuttavia, c’è un certo movimento. Le persone che fuggono dai disastri ambientali sono sempre più riconosciute dalle organizzazioni internazionali.

Per esempio, l’UNHCR le riconosce come una categoria di persone vulnerabili da proteggere. L’UNHCR ha sensibilizzato l’opinione pubblica sul cambiamento climatico come causa di sfollamento e sulla necessità di proteggere le persone sfollate nel contesto dei disastri. L’UNHCR sta inoltre lavorando per colmare le lacune giuridiche relative agli sfollamenti transfrontalieri causati da disastri.

Ma c’è ancora molto da fare.

Cosa deve cambiare

Le persone sfollate a causa di eventi meteorologici avversi dovrebbero ricevere una protezione più che temporanea. Ciò richiederà modifiche alle normative internazionali e alle leggi nazionali.

Per esempio, si dovrebbe aggiungere alla Convenzione dell’OUA del 1969 un protocollo sullo sfollamento indotto dal clima, in modo che gli sfollati che attraversano i confini internazionali siano legalmente coperti.