Come evitare il rischio di genocidio a Gaza?
di Pierre Mouterde, sociologo, filosofo e saggista, da alter.quebec
Dall’ultima guerra mondiale, si è voluto fare dell’olocausto dei 6 milioni di ebrei annientati nei campi di sterminio nazisti il paradigma per eccellenza della barbarie e della disumanità dimostrata dagli esseri umani. E non senza qualche ragione, dal momento che combinava – attraverso un genocidio chiaramente pianificato in Germania nella conferenza di Wannsee del gennaio 1942 – la barbarie assoluta di una guerra totale con la fredda efficienza tecnica di una civiltà industriale con notevoli risorse distruttive. Il tutto, utilizzando e sordidamente manipolando tenaci pregiudizi razzisti antisemiti.
Ma come spiegare che i discendenti delle vittime dell’Olocausto che, con il sostegno dei paesi europei, emigrarono in Palestina e costruirono lostato di Israele, si ritrovino quasi 80 anni dopo ad avallare politiche statali aggressive e bellicose? Politiche sioniste che la Corte internazionale di giustizia, la più alta corte delle Nazioni Unite, ha appena annunciato rientrare – nel caso di Gaza – in una convenzione per la prevenzione del crimine di genocidio.
Sì, avete letto bene: ora i discendenti diretti delle vittime di un genocidio perpetrato solo qualche decennio fa si ritrovano sul banco degli imputati, accusati di rischiare di provocarne uno a loro volta? Il mondo si è capovolto? Riuscite a immaginare un popolo che ha vissuto sulla propria pelle l’orrore dell’annientamento trascinato in una simile spirale?
L’orrore dell’annientamento
Di fronte a una domanda così inquietante, è comprensibile che alcuni – cinici o disillusi – vogliano dare la colpa alla “disumana umanità della razza umana”, aggiungendo che questa è solo un’altra delle calamità scatenate dagli esseri umani di cui la nostra epoca è attualmente testimone.
Tuttavia, dobbiamo ricordare una verità che dovrebbe servire da bussola. Gli esseri umani non esistono di per sé. Non sono né “buoni” né “cattivi”, ma piuttosto il prodotto di determinate circostanze storiche, di condizioni economiche, sociali e politiche di esistenza che, in larga misura, modellano il loro comportamento.
Se la Germania nazista, con il tacito sostegno della maggior parte delle sue classi dirigenti, si è resa colpevole di genocidio, è stato a causa di condizioni molto specifiche. Spinta da potenti interessi militari ed economici, a loro volta stimolati dalle dinamiche del capitalismo aggressivo, ha beneficiato di una formidabile asimmetria di potere che le ha permesso di immaginare di imporre il proprio dominio in tutto il mondo, con la violenza scatenata della guerra e l’assoluta arbitrarietà. E ha schiacciato gli spazi e le regole democratiche esistenti, così come le aspirazioni sotterranee all’uguaglianza sociale che le rendevano efficaci.
Una bolla cognitiva accecante
Naturalmente, 8 decenni dopo, le fazioni di estrema destra in Israele che ora guidano il governo Netanyahu non si trovano in una situazione simile. E senza dubbio – sulla scia dei massacri perpetrati da Hamas il 7 ottobre e ossessionati dal trauma dell’Olocausto – sono riusciti a racchiudere il popolo israeliano in una sorta di bolla cognitiva accecante, impedendogli di considerare “freddamente” ciò che sta accadendo a Gaza, dove 2,4 milioni di persone sono da decenni confinate in una prigione a cielo aperto, in procinto di essere trasformata in un cimitero dantesco.
Resta il fatto che anche nel 2024 le fazioni fondamentaliste del governo Netanyahu potranno contare sui vantaggi di una formidabile asimmetria di potere, che consentirà loro di farsi beffe, con la violenza della guerra e l’arbitrio , di tutte le norme di diritto internazionale vigenti, di tutti i principi di convivenza pacifica ereditati dalle tradizioni umanistiche.
L’arroganza dell’onnipotente
Diventati gli alleati privilegiati della prima potenza economica e militare del mondo e trasformatisi – con tanto di armi nucleari – nel bastione degli interessi petroliferi occidentali in Medio Oriente, i leader di Israele hanno fatto propria l’arroganza dell’onnipotente. Nel corso del tempo, si sono rifiutati non solo di tenere conto del legittimo diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione, ma anche di cogliere le opportunità di pace offerte. Inoltre, si sono progressivamente lasciati trascinare dalle loro fazioni più estreme in politiche di apartheid e pulizia etnica – fino ad una machiavellica doppiezza con gli islamisti fondamentalisti per evitare ogni possibile compromesso di pace – e infine a impegnarsi in una guerra aperta che ha assunto toni genocidi.
La prevenzione del genocidio inizia in casa
La “disumanità della razza umana” ha un nome e il suo rimedio è innanzitutto politico: combattere l’ascesa del fondamentalismo identitario, dell’autoritarismo e della guerra, ripristinando le esigenze della democrazia e le sue aspirazioni all’uguaglianza sociale ovunque esse vacillino. Ovunque: in Israele, certo, ma anche altrove, negli Stati Uniti, in Quebec e in Canada, tanto è interconnesso il mondo di oggi.
Così come gli internazionalisti di 35 paesi che hanno partecipato alla Freedom Flotilla verso Gaza hanno cercato di accompagnare la consegna di aiuti umanitari via mare da Istanbul e hanno chiesto il sostegno effettivo del Canada per riuscirci. Senza successo.
In questi tempi difficili, ricorderemo la loro determinazione e ricorderemo che la lotta per la democrazia e la prevenzione del genocidio inizia anche a casa nostra?