L’accordo strategico anti migranti UE-Egitto

da A l’Encontre (redazionale)

Il 17 marzo, sotto la guida dell’inarrestabile presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, è arrivato al Cairo il gotha governativo dell’Unione europea: Giorgia Meloni, Kyriakos Mitsotakis, Nikos Christodoulides (Cipro), Karl Nehammer (Austria) e Alexander De Croo (Belgio).

Il loro anfitrione era il dittatore Abdel Fattah al-Sissi. Al di là dei vari progetti economici – di fronte a un capitalismo egiziano costretto a privatizzare parte del settore economico controllato dal clan degli ex-militari – i governi dell’UE avevano un obiettivo evidenziato sia dalla ONG Refugees Platform in Egypt che da Human Right Watch (HRW).

La loro dichiarazione è chiara e semplice: “l’UE vuole subappaltare ai paesi del Nord Africa, in particolare all’Egitto, la restrizione della libertà di movimento dei migranti”, “lo schema è lo stesso degli accordi imperfetti dell’UE con Tunisia e Mauritania: arrestare i migranti, ignorare gli abusi”. HRW sostiene di aver “già documentato arresti arbitrari e maltrattamenti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati da parte delle autorità egiziane, nonché deportazioni in paesi in preda alla violenza”. Ciò non sorprende, dato che Amnesty International stima che in Egitto vi siano 60.000 prigionieri politici. Secondo il World Justice Project, l’Egitto è al 136° posto su 142 paesi al mondo per quanto riguarda lo stato di diritto.

La visita della coorte governativa che accompagna Ursula von der Leyen si è svolta all’ombra di una limitata ma importantissima ripresa delle richieste di sopravvivenza da parte, tra gli altri, dei lavoratori del settore tessile, che non hanno mancato di essere repressi e imprigionati nella loro fabbrica. Il contrasto tra i cancelli che trattengono gli operai e lo splendore del palazzo del governo riassume la barricata di classe che li separa.

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