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Francia, un nuovo appuntamento per l’alternativa 

Propio oggi, 23 novembre, è stato pubblicizzato sul sito forumalternative.org l’invito per una nuova sessione del Forum nazionale “Costruire l’alternativa” che riunisce attivisti dei movimenti sociali e delle mobilitazioni popolari, dei sindacati, di gruppi ambientalisti, femministi, antirazzisti, antivalidisti, antimperialisti e che si era già incontrato in una grande sala parigina nello scorso 2 luglio. 

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Francia, completamente annullato lo scioglimento dei Soulèvements de la terre 

Quest’estate il Consiglio di stato francese aveva sospeso la decisione di scioglimento dei Soulèvements de la Terre presa da Macron e Darmanin, che voleva, proprio all’indomani del movimento in difesa delle pensioni, dare il via a diffusi attacchi repressivi.

Oggi, 9 novembre, il Consiglio di stato ha confermato la sua analisi e ha annullato la decisione di sciogliere il movimento ambientalista.

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Francia, no alla criminalizzazione della solidarietà con i palestinesi 

L’orrore ha colpito il 7 ottobre e da allora la Palestina e Israele vi sprofondano ogni giorno di più. Uccisioni di massa di civili da parte di Hamas, dal massacro di Reim alle fosse comuni nei Kibbutz di Be’eri e Kfar Aza, crimini di guerra dello stato di Israele contro la popolazione della Striscia di Gaza ed esazioni omicide da parte dei coloni in Cisgiordania: Palestina e Israele sono teatro di atrocità senza nome. 

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Francia, appello unitario per la marcia contro le violenze della polizia


Uniti contro la violenza della polizia, il razzismo sistemico e per le libertà civili

Quasi 100 manifestazioni sono già in programma in tutta la Francia!

Appello congiunto, già firmato da quasi 150 organizzazioni.

L’omicidio di Nahel, ucciso a bruciapelo da un poliziotto il 27 giugno 2023 a Nanterre, ha evidenziato ancora una volta ciò che deve finire: il razzismo sistemico, la violenza della polizia e le disuguaglianze sociali che le politiche di Macron stanno approfondendo. Una politica neoliberista imposta da metodi autoritari, leggi sulla sicurezza e una dottrina di polizia criticata anche dai più alti organismi internazionali. Una politica regressiva che offre un terreno fertile all’estrema destra e calpesta sempre più le nostre libertà civili, il nostro modello sociale e il nostro futuro di fronte al collasso ecologico.

Le prime vittime di queste politiche sono le persone che vi abitano, soprattutto i giovani dei quartieri popolari e dei territori d’oltremare, che stanno sopportando tutto il peso del peggioramento delle disuguaglianze sociali in un contesto economico di inflazione, aumento degli affitti e dei prezzi dell’energia e politiche urbanistiche brutali. Le riforme di Macron stanno esacerbando la povertà, in particolare restringendo l’accesso alle prestazioni sociali. La scandalosa riforma dell’indennità di disoccupazione ne è un esempio lampante, mentre la precarietà del lavoro è in aumento.

Le rivolte nei quartieri popolari possono essere analizzate solo in questo contesto generale. Gli abitanti di questi quartieri, e in particolare le madri single, sono spesso lasciati a sopperire alla mancanza di servizi pubblici, la cui distruzione sta accelerando ogni giorno.

Allo stesso tempo, tutta una serie di atti violenti vengono perpetrati contro la popolazione: la delocalizzazione e la distruzione di posti di lavoro, l’evasione e la frode fiscale, gli stili di vita ecocidi degli ultra-ricchi, i super-profitti delle multinazionali e i metodi di produzione iper-inquinanti responsabili della crisi climatica. E lo stato permette loro di farla franca! Inoltre, le popolazioni razzializzate e/o appartenenti a classi sociali svantaggiate, i quartieri popolari, le aree rurali e suburbane impoverite e i territori d’oltremare sono vittime di violenza istituzionale e sistemica, in particolare da parte della polizia.

La politica repressiva dello stato è stata ulteriormente rafforzata dall’ultimo rimpasto ministeriale, che ha esteso le competenze del ministero dell’Interno agli affari urbani, ai territori d’oltremare e alla cittadinanza. La repressione si sta diffondendo con sempre maggiore intensità, con la violenza della polizia e il divieto di manifestare contro il movimento sociale e ambientalista, come durante la lotta contro la riforma delle pensioni, rifiutata dalla grande maggioranza dei lavoratori e dai loro sindacati, e a Sainte-Soline. La libertà di associazione, sia direttamente che indirettamente, è sempre più minacciata.

Questa situazione è tanto più preoccupante in quanto la polizia sembra sfuggire al controllo del potere politico. Dalle dichiarazioni faziose di alcuni sindacati di polizia dopo l’omicidio di Nahel a quelle del Direttore generale della polizia nazionale e del Prefetto della polizia di Parigi, nonché del ministro degli Interni, è la polizia che oggi mette in discussione lo stato di diritto, invece di porre fine all’impunità degli autori della violenza poliziesca.

I nostri sindacati, le associazioni, i collettivi, i comitati di quartiere della classe operaia, i comitati delle vittime della violenza della polizia e i partiti politici stanno lavorando insieme a lungo termine per far convergere la giustizia antirazzista, sociale, ecologica e femminista e per porre fine alle politiche securitarie e antisociali.

La crisi democratica, sociale e politica che stiamo attraversando è molto grave.

Non possiamo accettare altre morti come quella di Nahel, né altri feriti vittime della violenza della polizia.

Vi invitiamo a scendere di nuovo in piazza sabato 23 settembre, a organizzare manifestazioni e altre iniziative in tutto il paese, a stare insieme contro la repressione della protesta sociale, democratica ed ecologica, per la fine del razzismo sistemico e della violenza della polizia, e per la giustizia sociale e le libertà civili del clima e delle donne.

Chiediamo risposte immediate e urgenti:

  • l’abrogazione della legge del 2017 sull’allentamento delle norme sull’uso delle armi da fuoco da parte delle forze dell’ordine;
  • una riforma profonda della polizia, delle sue tecniche di intervento e del suo armamento;
  • la sostituzione dell’Ispettorato generale della polizia con un organismo indipendente dalla gerarchia della polizia e dal potere politico;
  • la creazione di un dipartimento dedicato alle discriminazioni che colpiscono i giovani all’interno dell’autorità amministrativa presieduta dal Difensore dei diritti umani e il rafforzamento delle risorse per la lotta al razzismo, anche nella polizia;
  • un ambizioso piano di investimenti pubblici nei quartieri popolari e in tutto il paese per ripristinare i servizi pubblici e il finanziamento di associazioni e centri sociali.

Firmatari

Collettivi/comitati dei quartieri popolari, delle vittime delle violenze poliziesche 

  • Afrofem Marseille 
  • Anti-Racisme 94
  • Citoyennes du Monde
  • Collage Féministe Stains 
  • Collectif des Musulmans Végétariens d’île de France 
  • Collectif isérois de solidarité avec les étranger.es et le migrant.es (38)
  • Collectif Justice et Vérité pour Yanis
  • Collectif Justice pour Claude Jean-Pierre
  • Collectif les Sentinel’les – Quartier des Sentes, Les Lilas, 93
  • Collectif Malgré Tout
  • Collectif Stop Uwambushu à Mayotte (CSUM)
  • Collectif Stop Violences Policières à Saint-Denis
  • Collectif Vérité et justice pour Adama
  • Comité Justice pour Alassane
  • Comité justice pour C&J
  • Comité Justice pour Othmane
  • Comité local SDT Villefranche sur Saône 
  • Comité Vérité et Justice pour Mahamadou
  • Comité vérité et justice pour Safyatou, Salif et Ilan
  • Coordination iséroise de solidarités avec les étranger.es et migrant.es (38)
  • Coordination nationale “Marche 40 ans”
  • Coordination nationale contre les violences policières
  • Coordination pour la Défense des habitants des Quartiers Populaires
  • ECRIS 94 – Ensemble Contre le Racisme l’Islamophobie et le sexisme 94
  • Forum pour un autre Mali
  • Garde Antifasciste 53
  • Gilets jaunes Marseille Centre
  • Justice pour Nahel
  • Le CERCLE 49
  • Le Mouvement des mères isolées
  • Les Insurgés (Collectif de Gilets Jaunes)
  • Maison du Peuple en Colère 
  • Mémoire en marche Marseille
  • Peuple Révolté 
  • Syndicat des quartiers populaires de Marseille

Organizzazioni sindacali 

  • CGT
  • CSE Le clos St jean
  • FIDL
  • FIDL 93 SEINE SAINT DENIS 
  • FSE
  • FSU
  • La Voix lycéenne
  • MNL
  • SNES
  • SNPES-PJJ/FSU
  • Solidaires 38
  • Solidaires 56
  • Solidaires 85
  • Syndicat de la magistrature
  • Syndicat des avocats de France
  • UD CGT 22
  • UD CGT46
  • UNEF
  • Union étudiante
  • Union locale CGT Ales 
  • Union syndicale Solidaires

Associazioni e altri collettivi 

  • Alternatiba
  • Alternatiba Paris
  • Amis de la Terre France
  • ANV-COP21
  • APEL-Egalité
  • Association de veille écologique et citoyenne (Nantes)
  • Association Intergénérationelle de la Rabière (AIR-37)
  • Association Nationale des Pieds Noirs Progressistes et Amis (ANPNPA)
  • Association Naya(37)
  • Association Nouveaux Souffle pour l’Insertion Sociale et Professionnelle (ANSIP-37)
  • Association Stop Aux Violences d’État
  • ATMF
  • Attac France
  • CAD
  • Citoyennes en lutte Ouistreham
  • Collectif du 5 novembre
  • Collectif National pour les Droits des Femmes (CNDF)
  • Collective des mères isolées
  • Comité d’Action Interprofesionnel et Intergénérationnel d’Issy les moulineaux (CAIII) 
  • Conseil Démocratique Kurdes  de Bordeaux 
  • Coudes à Coudes
  • Dernière Rénovation
  • Droit Au Logement (DAL)
  • FASTI
  • Fédération des Tunisiens pour une citoyenneté des deux rives (FTCR)
  • Fédération nationale de la LIbre Pensée
  • Femmes Egalité
  • Femmes Plurielles
  • Flagrant Déni, média engagé dans la lutte contre l’impunité policière https://www.flagrant-deni.fr/
  • Fondation Copernic
  • Gisti
  • Greenpeace
  • Jeunesse des cités tase
  • L’ACORT
  • La Relève Féministe
  • La Révolution est en marche
  • LDH Tarbes Bagnères de Bigorre
  • Le GRAIN
  • Les Effrontées
  • Les marcheurs de 83
  • Les Marmoulins de Ménil
  • Les Mutin.e.s
  • Marche des Solidarités
  • Memorial 98
  • Mouvement pour une Alternative Non-violente (MAN)
  • Mouvement Utopia
  • MRAP
  • Observatoire national de l’extrême-droite
  • ODED32
  • OXFAM 06
  • Pas peu fièr-es
  • Planning familial
  • Queer Asso
  • Réseau d’Actions contre l’Antisémitisme et tous les Racismes (RAAR)
  • Réseau Hospitalité
  • SOS racisme
  • SOS Racisme Lyon
  • Soulèvements de la Terre
  • Tous Citoyens !
  • UJFP
  • XR Extinction Rebellion France

Organizzazioni politiche 

  • Boissy Insoumise
  • EELV
  • ENSEMBLE
  • Fédération Libertaire de Lorraine
  • FUIQP
  • GA Insoumis de Montréjeau/Gourdan
  • GA LFi Pays de Gex
  • Gauche Écosocialiste
  • GDS
  • Génération.s
  • Jeune Garde Antifasciste 
  • Jeunes Communistes des Bouches du Rhône
  • Jeunesse Communiste de la Loire
  • La Gauche Ecosocialiste
  • Les Jeunes Écologistes
  • LFI
  • Nouvelle Donne
  • NPA
  • PCOF
  • PEPS
  • PG
  • Place Publique
  • POI
  • Rejoignons nous
  • REV
  • Solidaires par Nature 
  • UCL
  • Vivre Ensemble Solidaires en Métropole Tourangelle (VESEMT-37)

Francia, cosa sta facendo il macronismo ai giovani dei quartieri popolari

di Aurélie Trouvé, militante altermondialista, ex presidente di ATTAC France, ora deputata all’Assemblea nazionale per La France Insoumise


Per tutta la notte ho ascoltato gli scoppi e rassicurato i miei figli. Nelle prime ore del mattino, ho scoperto i negozi devastati.


È un paradosso che sentiamo qui a Seine-Saint-Denis: deploriamo i saccheggi che si ripercuotono contro chi sta combattendo, contro il proprietario della piccola tabaccheria, contro i genitori di un asilo bruciato. Ma vogliamo capire la rabbia e le ragioni della rabbia che si sta scatenando.


Giorni e giorni di rivolta nei quartieri popolari. E non è stata la prima volta: nel 2005. E, ancora prima, nel 1983, 1991, 1995, 1997… A Parigi, Rouen, Vaux en Velin, Laval, Sartrouville… E non sarà l’ultima volta.


Perché, come in passato, le ragioni dell’azione non vengono analizzate, né tantomeno prese in considerazione. Peggio ancora, la realtà del declino è negata, cancellata nelle parole dei massimi dirigenti politici.


Viene negata la realtà della violenza della polizia e del profilo razziale quotidiano dei giovani che vivono in questi quartieri. Il razzismo sistemico nelle forze di polizia viene negato. Si negano gli inaccettabili 13 morti dello scorso anno in nome del “rifiuto di obbedire”.

Viene negata la crescente povertà di questi quartieri, l’inflazione che affama e sfinisce le famiglie dopo due anni di lockdown.


Le cassiere, le addette alle pulizie e le guardie giurate, che a volte lavorano dalle 5 del mattino alle 9 di sera nella speranza di guadagnare un po’ di più del salario minimo, vengono disprezzati. Incolpati, accusati di non prendersi cura dei propri figli, spessissimo madri sole costrette dai contratti, dalla legge e dalla povertà a lavorare la domenica o di notte.

Viene negato il nulla che molti di questi giovani si trovano ad affrontare. I tassi di disoccupazione sono colossali – quasi 3 volte la media nazionale nei quartieri della “Politica urbana” – soprattutto a causa della discriminazione nel reclutamento. Si nega anche l’impotenza delle scuole pubbliche a rispondere a bisogni urgenti, per mancanza di risorse.

Viene negato anche l’isolamento geografico e la segregazione spaziale associati alla carenza di trasporti urbani e alla quasi totale assenza di vincoli per i comuni che rifiutano di promuovere una popolazione mista. La principale distrazione offerta dalle scelte urbanistiche è il mall, il centro commerciale all’americana, che crea tentazioni, seguite da frustrazioni: nel quartiere Londeau di Noisy-le-Sec, il primo contatto immediato con il mondo esterno è la visita al centro commerciale Rosny 2.

Infine, si nega la responsabilità dello stato, attribuendo tutta la colpa ai genitori, ai videogiochi e persino al partito della France insoumise. Non si parla dell’indebolimento dei luoghi che educano, riuniscono e guidano. Non si parla della diminuzione dei finanziamenti alle associazioni, ai centri sociali, ai centri di quartiere, ecc. 

Come scrive il sociologo François Dubet, “i giovani attaccano i simboli: quello dello stato, che li reprime, e quello del consumismo, che li frustra”. I simboli della Repubblica, che ritengono li abbia traditi.

Come tutti, nonostante i ministri che ci accusano di fomentare il caos contro ogni evidenza, aspiro alla pace e all’armonia. Ma perché ci siano una pace e un’armonia durature, è necessario che ci sia comprensione e riconoscimento delle ragioni della rabbia. 

Il sindaco di Noisy-le-Sec, Olivier Sarrabeyrouse, mi ha detto venerdì: “Ci viene chiesto di spegnere un incendio con dei catini”. E il “noi” si riferisce agli amministratori di questi comuni, che per tanti anni hanno dovuto accontentarsi degli scarti. E ancora una volta si trovano in prima linea. Senza una risposta collettiva duratura.

Jean-François Bayart (politologo studioso della sociologia storica comparata dello stato e autore di diversi, ndt) lo analizza in un suo recente post: alla polizia è stata affidata “una missione impossibile: quella di mantenere la pace sociale in uno stato di ingiustizia sociale”. Non si può quindi uscire dalla crisi in modo duraturo senza un piano massiccio di sostegno ai quartieri popolari e una lotta ad ampio raggio contro tutte le discriminazioni subite dalle loro popolazioni.

A cominciare dalla riforma della polizia. Sotto i colpi della legge Cazeneuve del 2017 e di molteplici altre leggi liberticide, sotto la pressione di sindacati di polizia aggressivi e provocatori che veleggiano verso l’estrema destra, la dottrina della polizia, basata sulla repressione brutale, è diventata un problema fondamentale in questo paese.

Ma da diversi giorni ripeto una domanda: cosa c’è di nuovo che non riusciamo a capire nelle rivolte in corso da una settimana? E se fosse proprio il potere di Macron, questo elemento nuovo? Perché la generazione dei 12-18enni è cresciuta sotto questo potere: è, più di ogni altra prima di lei, la generazione delle promesse non mantenute.

Qual è la loro memoria? È una dissociazione totale tra ciò che sentono e ciò che accade realmente: viene detto che “non c’è violenza da parte della polizia”, che “la disoccupazione sta diminuendo”. Tutte cose contrarie all’esperienza quotidiana.

È anche il discorso dei “manager di cartone”, dell’individualismo, dell’apologia del successo personale, del “attraversa la strada e trovati un lavoro”, del compito permanente di mostrarsi eccezionali, di “meritare” più del proprio vicino, di dimostrare la propria determinazione a “farsi strada”.

Il miraggio di una società ideale e le speranze di successo personale si scontrano costantemente con la realtà. La realtà dell’isolamento e del lockdown, delle multe arbitrarie ai bambini che lasciavano anche solo per pochi minuti il loro appartamento al decimo piano per prendere una boccata d’aria, l’abbandono scolastico di migliaia di persone per mesi e mesi. C’è stato un ingiusto sovrappiù di morti nelle baraccopoli, nelle famiglie la cui occupazione non permetteva lo “smart work”, ma dove vaccinazioni e mascherine non erano una priorità. Ci sono state le code per gli aiuti alimentari d’emergenza, in cui i genitori hanno dovuto talvolta trascorrere ore.

È anche la repressione poliziesca e giudiziaria di tutte le forme di protesta organizzata: gilet gialli, manifestazioni sindacali, proteste per il clima e per la vita… mani strappate, occhi cavati, una donna anziana che muore mentre si affaccia alla finestra per accostare le tende, corpi soffocati, pestaggi ancora e ancora…. Infine, tutto ciò viene indicato come la migliore prospettiva per i giovani non qualificati.

Il macronismo significa anche che il Piano Borloo (il piano dell’allora ministro dell’Ecologia che prevedeva la demolizione dei mega condomini delle periferie per sostituirli con abitazioni più umane, ndt) è stato consegnato all’oblio. 

Viene ufficializzata l’umiliazione delle banlieues e di tutti i loro abitanti. 

È l’eccessivo potere di Darmanin, invece descritto da Marine Le Pen come troppo permissivo, l’assoluta impunità dei sindacati di polizia che insultano la giustizia e manifestano contro l’applicazione della legge. È una violenza sommessa, uno scivolamento repressivo e autoritario che il paese e soprattutto i giovani dei quartieri popolari stanno subendo. Lo confermano le prime sentenze emesse nei confronti degli arrestati negli ultimi giorni.

Il macronismo ci maltratta tutti, ma questo lo sapevamo già.

D’altra parte, ciò che si fa ai giovani e ai quartieri popolari segna il nostro futuro. Se vogliamo cambiare il corso delle cose, se vogliamo sanare le fratture che il macronismo ha aggravato, abbiamo bisogno di un cambiamento sistemico e globale delle nostre scelte collettive.


Francia, il paese è in lutto e in collera, la sinistra sociale e politica per Nahel

Comunicato unitario (5 luglio 2023)

Il nostro paese è in lutto e in collera. L’omicidio di Nahel da parte di un agente di polizia a bruciapelo a Nanterre ha messo a nudo gli effetti di decenni di politiche pubbliche discriminatorie e securitarie che prendono di mira i quartieri popolari e i giovani che vi crescono, in particolare quelli razzializzati e che vivono in condizioni precarie. 


L’escalation di violenza è un vicolo cieco e deve finire. L’approccio essenzialmente repressivo della polizia e le modifiche legislative introdotte nel 2017 sull’uso delle armi d’ordinanza stanno esacerbando ciò che la popolazione sta vivendo e subendo in termini di discriminazione e pratiche razziste.


Le tensioni tra la popolazione e la polizia hanno una lunga storia, segnata da ingiustizie, pregiudizi, violenze, discriminazioni, sessismo e un razzismo sistemico che permea l’intera società e che non è ancora stato sradicato.


I residenti dei quartieri interessati, e le donne in particolare, devono spesso sopperire da soli alle carenze dei servizi pubblici. Il declino di questi servizi (scuole, strutture sociali e culturali, impianti sportivi, uffici postali, servizi amministrativi, ecc.) e la riduzione del sostegno statale alle organizzazioni di volontariato hanno contribuito in larga misura all’emarginazione di questi quartieri e di intere regioni lontane, in particolare nei territori francesi d’oltremare.


L’abbandono di questi quartieri è aggravato dal contesto economico di impoverimento, inflazione, aumento degli affitti e dei prezzi dell’energia e dalla riforma dell’assicurazione contro la disoccupazione. Le disuguaglianze sociali colpiscono in particolare i bambini e le madri single. 


Lo dimostrano le rivolte che negli ultimi giorni hanno scosso i quartieri popolari in reazione alla tragedia di Nanterre.


Oltre a decenni di eccessi nelle politiche di polizia, nelle leggi sulla sicurezza (Legge sulla sicurezza globale, Legge sul separatismo, ecc.) e nelle misure di emergenza, negli ultimi giorni abbiamo assistito a pressioni da parte del governo per introdurre una giustizia “rapida”. La detenzione preventiva sistematica con pene sempre più dure è inaccettabile!


L’urgenza non è la repressione, che rafforzerebbe solo l’estrema destra e farebbe arretrare ancora una volta diritti e libertà.


Una pace duratura è possibile solo se il governo prende le misure necessarie per rispondere all’urgenza della situazione e alle richieste delle persone coinvolte.


Le Nazioni Unite hanno ripetutamente criticato le politiche di sicurezza e i problemi istituzionali del razzismo in Francia, in particolare nelle forze di polizia.


La discriminazione è un veleno tossico che mina l’idea stessa di uguaglianza e semina disperazione.


L’estrema destra se ne serve per dividere ulteriormente la società. Condanniamo l’appello alla guerra civile contro i quartieri popolari e la descrizione delle persone provenienti da questi quartieri come “dannose” da parte dei sindacati di polizia.


Condanniamo la creazione di un fondo a sostegno del poliziotto che ha ucciso Nahel su iniziativa di un esponente dell’estrema destra e l’assenza di qualsiasi azione da parte del governo, che ha così gettato benzina sul fuoco.


Tutto deve essere ripensato e costruito. Dobbiamo partire da nuove basi, creare ampi forum di discussione e imparare dagli errori di decenni di politiche pubbliche, rispettando al contempo le storie, le origini, le culture e le singolarità che alimentano la nostra aspirazione collettiva all’uguaglianza. È giunto il momento di ascoltare e prendere in considerazione le richieste di chi vive nei quartieri popolari, soprattutto dei giovani.


La situazione richiede che il governo si assuma le proprie responsabilità e proponga soluzioni immediate per porre fine allo scontro:


  • abrogazione della legge del 2017 che allenta le norme sull’uso delle armi da fuoco da parte delle forze dell’ordine;

  • una riforma profonda della polizia, delle sue tecniche di intervento e del suo armamento;

  • la sostituzione dell’IGPN (Ispettorato generale della polizia nazionale) con un organismo indipendente dalla gerarchia di polizia e dal potere politico;

  • la creazione di un dipartimento dedicato alla discriminazione dei giovani all’interno dell’autorità amministrativa presieduta dal Difensore dei diritti umani e il rafforzamento delle risorse per combattere il razzismo, anche all’interno delle forze di polizia.


Tuttavia, non si può fare nulla senza una diversa distribuzione della ricchezza, senza combattere le disuguaglianze sociali. Non si può fare nulla senza la lotta alla povertà e all’insicurezza, esacerbate dal cambiamento climatico e dall’aumento degli affitti e delle tasse, e senza il rafforzamento dei servizi pubblici e dell’educazione popolare. Sono questi i problemi che il governo dovrebbe affrontare invece di perseguire politiche pubbliche regressive che forniscono terreno fertile all’estrema destra.


I nostri sindacati, associazioni, collettivi, comitati e partiti politici sono mobilitati per mantenere le libertà pubbliche e individuali.


Per il momento, invitiamo le persone a partecipare a tutte le manifestazioni e marce intorno a queste richieste, in tutto il paese, a partire da oggi, mercoledì 5 luglio, come la marcia organizzata dal Comitato Verità e Giustizia per Adama l’8 luglio, a Beaumont-sur-Oise, e quella del Coordinamento nazionale contro la violenza della polizia il 15 luglio.


Invitiamo a organizzare marce popolari sabato 8 luglio in tutta la Francia e nei territori d’oltremare.


Lavoreremo insieme per costruire queste marce.

FIRMATARI

Sindacati

  • CGT,
  • CNT-Solidarité Ouvrière,
  • Fédération Syndicale Étudiante (FSE),
  • FSU,
  • Solidaires Étudiant-e-s,
  • Syndicat des Avocats de France,
  • Sindacato studentesco UNEF
  • Union Syndicale Solidaires,
  • Union Étudiante,

Associazioni

  • 350.org,
  • Adelphi’Cité,
  • Amnesty International Francia,
  • Alternatiba,
  • Alternatiba Parigi,
  • Amici della Terra Francia,
  • ANV-COP21,
  • ATTAC Francia,
  • Bagagérue,
  • Coscienza,
  • Coudes à Coudes,
  • DAL Droit au Logement,
  • La Fabrique Décoloniale,
  • FASTI (Fédération des Associations de Solidarité avec Tou-te-s les Immigrés-e-s),
  • Fédération Nationale de la Libre Pensée,
  • Fédération nationale des maisons des potes,
  • Femmes Egalité,
  • Fondazione Copernic,
  • Gisti (Groupe d’information et de soutien des immigré-es),
  • Greenpeace Francia,
  • Jeune Garde Antifasciste,
  • LDH (Ligue des droits de l’Homme),
  • Memoriale 98,
  • Observatoire nationale de l’extrême-droite,
  • Organizzazione di Solidarietà Trans (OST),
  • Pianificazione familiare,
  • Réseau d’Actions contre l’Antisémitisme et tous les Racismes-RAAR,
  • REVES Jeunes,
  • SOS Racisme,

Collettivi

  • Alleanze e convergenze,
  • Assemblea dei Gilets Jaunes di Lione e dintorni,
  • Colère Légitime,
  • Collettivo civgTENON,
  • Collettivo delle scuole di Marsiglia (le CeM),
  • Collettivo nazionale per i diritti delle donne,
  • Collettivo Nouvelle Vague,
  • Collectif Vérité et Justice pour Safyatou, Salif et Ilan,
  • Collettivo delle madri sole,
  • Comitato delle anime della Terra Sud-Essonne,
  • Comitato locale di sostegno alle anime della terra d’Aude,
  • Comitato delle anime del Bas-Vivarais,
  • Comité les Soulèvements de la Terre Lione e dintorni,
  • Comité local de soutien aux Soulèvements de la Terre Villefranche,
  • Comité local de soutien aux Soulèvements de la Terre Romans-sur-Isère,
  • Comitato locale di sostegno alle Anime della Terra,
  • Comitato di sostegno a Moussé Blé,
  • Comitato giustizia e verità per Mahamadou,
  • Comitato dei Licheni Ardéchois,
  • Comitato per la verità e la giustizia per Adama,
  • Coordinamento dei comitati per la difesa dei quartieri popolari,
  • Démocra’psy,
  • Dernière Rénovation,
  • En Gare,
  • Giustizia per Othmane,
  • La rivoluzione è in corso,
  • La terra si alza a Corrèze,
  • Il popolo unito,
  • Le anime della terra – Comitato dell’Île-de-France,
  • Le anime dell’Entre2Mers (33),
  • Lione in lotta,
  • Insurrezione di Lione,
  • Nîmes Révoltée,
  • Rete GBM,
  • Rejoignons-nous,
  • Collettiva del 5 novembre – Noailles en colère (Marsiglia),
  • Sindacato dei quartieri popolari di Marsiglia,
  • Collettivo Giustizia per Claude Jean-Pierre,
  • Youth for Climate IDF,

Organizzazioni politiche

  • ENSEMBLE! – Mouvement pour une Alternative de Gauche, Écologiste et Solidaire,
  • Europe Ecologie Les Verts (EELV)
  • La France insoumise (LFI),
  • Front Uni des Immigrations et des quartiers populaires (FUIQP),
  • Gauche Ecosocialiste (GES),
  • Génération.s (G.s),
  • Nouveau parti anticapitaliste (NPA),
  • Parti Communiste des Ouvriers de France (PCOF),
  • Parti de Gauche (PG),
  • Pour une Écologie Populaire et Sociale (PEPS),
  • Parti Ouvrier Indépendant (POI)
  • Réseau Bastille,
  • Révolution Écologique pour le Vivant (REV),
  • Union communiste libertaire (UCL)

Dove va la Francia?

di Fabrizio Burattini


Nel 1934, Leone Trotsky, in un articolo poi pubblicato assieme a parecchi altri sempre dedicati a quel che accadeva nel paese transalpino, si chiedeva: “Dove va la Francia?”; in quell’articolo metteva in guardia “gli operai avanzati” di quel paese sulla crisi che stava conoscendo la democrazia e sul fatto che la borghesia francese, messa di fronte alla crescita delle diseguaglianze e alle lotte popolari, non riusciva più a “sopportare l’ordine democratico”.

Lungi da me il voler fare un paragone tra la situazione in Francia oggi e quella di circa 90 anni fa, né tanto meno di volermi mettere a emulare il grande rivoluzionario, resta però che la domanda che Trotsky poneva a titolo del suo articolo, di fronte a quel che è successo nei mesi scorsi sulla questione delle pensioni e quel che sta accadendo in questi giorni dopo l’assassinio  di Nahel a Nanterre, torna ad essere pertinente e di attualità. 


La Francia sta bruciando, è una constatazione. 


Dopo il movimento dei Gilets jaunes e altri movimenti sociali ad alta intensità, dopo mesi e mesi di massiccia mobilitazione sindacale e popolare, con una decina di giornate di sciopero nazionale e una ventina di giornate di manifestazioni in tutte le città grandi, medie e piccole, dopo la messa fuorilegge del principale movimento ecologista, è arrivata l’esecuzione in strada di Nahel

La risposta incendiaria della periferia e di buona parte della società era prevedibile, in qualche modo annunciata, con la conflagrazione nei quartieri popolari, tanto era nota la rabbia sociale che vi ribolliva. 

Era una risposta talmente prevedibile, che Emmanuel Macron, Elisabeth Borne e Gérald Darmanin non hanno tardato a comprenderne la gravità.


Chi ha invocato la “distensione” ha parlato invano, perché la morte di Nahel, lungi dall’essere un semplice “errore”, è stata pianificata. 


Il ruolo delle forze di polizia


È la conseguenza automatica della rassegnazione del potere politico francese negli ultimi trent’anni, sotto la pressione corporativa delle forze dell’ordine, che non hanno mai smesso di farsi beffe delle “regole dello stato di diritto”. Forze dell’ordine che hanno ottenuto, di governo in governo, una sfilza di leggi distruttrici della libertà, ma considerate dai sindacati dei poliziotti mai sufficienti, con la scusa della lotta al terrorismo, all’immigrazione “clandestina” e alla criminalità. 


Fino a esigere e ottenere la riscrittura dell’articolo 435-1 del Codice di sicurezza interna nel 2017, che ha ulteriormente allargato le condizioni per l’uso delle armi da fuoco da parte delle forze dell’ordine. E il risultato non si è fatto attendere.


Nel 2020 il numero di persone uccise dalla polizia è raddoppiato rispetto al 2010. Il più delle volte per rifiuto “d’obtempérer à un ordre d’arrêt”, cioè, detto in italiano, per il reato di “resistenza a pubblico ufficiale”: il numero di sparatorie mortali in queste circostanze è quintuplicato. Nahel è morto a causa di questo emendamento al Codice di sicurezza interna.

Tanto che l’avvocato del poliziotto assassino ha giustificato il suo cliente: dato che Nahel non stava rispettando le regole, non c’era altro modo per fermarlo che sparare (abbiamo pubblicato qualche giorno fa il video che illustra l’esecuzione a sangue freddo del giovane, nella sua auto bloccata nel traffico). Secondo l’avvocato, secondo i sindacati di polizia, secondo la destra “moderata” e estrema, in fin dei conti secondo il governo, il rifiuto di conformarsi sembra ora punibile con la morte. 


L’atteggiamento del governo


Per tutti costoro, allineati sostanzialmente con la stessa lettura degli avvenimenti, la colpa è dell'”ultra-sinistra”, degli “eco-terroristi”, della France insoumise, mentre i veri responsabili sono da ricercare nelle autorità pubbliche, nei media reazionari e nell’estrema destra.


Come ha dimostrato una sequela di fatti nel corso degli anni, la violenza della polizia è diventata la regola nelle banlieue. Il rifiuto delle autorità politiche anche solo di assumere la questione, sempre derubricata a “eccessi”, “sbavature”, “errori”, ha contribuito ad esasperare il sentimento di ingiustizia. Ma la verità è che questa violenza poliziesca è anche il prezzo dell’asfissia sociale e finanziaria a cui è stato sottoposto il tessuto associativo locale, dello smantellamento dei servizi pubblici e dell’affidamento ai poliziotti di una missione impossibile: mantenere la pace sociale in uno stato di crescente ingiustizia sociale, contemporaneamente denunciando le presunte colpe della “marmaglia”. 


Il tutto in un contesto di denunce isteriche del “wokismo”, cioè della mania di denunciare le ingiustizie e le discriminazioni, come se il problema non fossero proprio ingiustizie e discriminazioni, ma chi osa denunciarle. Mentre i telegiornali nelle ore di punta danno la parola ai rappresentanti dei sindacati di polizia.


Qualche settimana fa il quotidiano “Liberation” aveva fatto notare come tanti agenti di polizia esibissero sulla propria divisa di ordinanza una linea blu, resa nota (Thin blue line) negli scorsi anni dall’estrema destra suprematista americana.

 

E’ solo dopo questa segnalazione giornalistica che il generale Alain Pidoux, capo dell’Ispettorato generale della gendarmeria nazionale ha ingiunto a tutti gli ufficiali del corpo di vietare questa che rischiava di diventare una consuetudine tollerata o persino incoraggiata.


La repressione si fa sistematica


Oggi, lo stato non può permettersi delle periferie fuori controllo né il diffondersi di manifestazioni ambientaliste radicali, costi quel che costi, un anno prima delle Olimpiadi, previste a Parigi nel luglio 2024. 


Così, qualche giorno fa, il movimento Soulèvements de la Terre è stato sciolto su pressione della FNSEA (Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles), il grande sindacato agroindustriale, un tempo di sinistra, con una storia anche di occupazioni di latifondi. Uomini di mano e dirigenti della FNSEA hanno più volte usato impunemente la violenza contro gli ambientalisti. 


Il decreto di scioglimento di Soulèvements de la Terre giustifica la misura in maniera “orwelliana”: perché gli ambientalisti sono soliti leggere il pamphlet di Andreas Malm “Come far saltare un oleodotto” e “impostano i loro cellulari sulla modalità aereo quando escono a manifestare”. Il portavoce del governo si è spinto ad accusarli di intento omicida nei confronti delle forze dell’ordine. 


La Commission nationale de contrôle des techniques de renseignement ha pubblicamente dichiarato il proprio allarme per l’aumento delle richieste di sorveglianza dell’attivismo politico e sociale da parte dei servizi segreti.


Nel frattempo, i tribunali si rifiutano di rinnovare l'”accreditamento” (che le consentiva di intentare azioni civili) all’associazione Anticor (attiva contro la corruzione), quella la cui la denuncia ha portato all’incriminazione del segretario generale dell’Eliseo. 


La spinta verso l’estrema destra


Vincent Bolloré, il padrone di Vivendi che tentò qualche anno fa di impadronirsi di Mediaset sottraendola a Berlusconi, è il grande finanziatore della rivoluzione conservatrice francese. Bolloré ha nominato un giornalista di estrema destra, amico del fascista Eric Zemmour, ex candidato presidenziale alla destra di Marine Le Pen, come caporedattore del Journal du Dimanche, uno dei principali settimanali francesi. La cosa curiosa è che questo giornalista era stato licenziato da un altro settimanale di estrema destra, Valeurs actuelles, che lo aveva criticato per le sue posizioni “eccessivamente radicali”.


Dietro tutto ciò c’è Emmanuel Macron, ex “socialista”, rieletto presidente lo scorso anno. 


Richard Ferrand, ex presidente dell’Assemblea nazionale e uno dei più stretti “uomini del presidente”, ha alluso alla possibilità di una revisione costituzionale che consentirebbe a Macron un terzo mandato, un po’ con lo stile di Putin. Mentre altri, se l’operazione non riuscisse, stanno preparando la candidatura del Medvedev francese, Jean Castex, ex primo ministro di Macron.


Tutto questo, compreso il grande movimento contro la riforma delle pensioni (su cui siamo lungamente intervenuti), maggioritario nel paese ma schiaffeggiato da Macron con la promulgazione per decreto della legge, è accaduto in pochi mesi, da gennaio ad oggi. 


Che sta succedendo in Francia? La “democrazia liberale” si sta ribaltando? Che effetti avrà l’esplosione sociale delle periferie su tutto quel che stava già accadendo? La Francia, pur essendo governata da un “ex-socialista” che oggi si autodefinisce di “estremo centro”, rischia di entrare nel campo delle democrazie “illiberali”?


Tutta la vicenda delle pensioni è stata un sintomo acuto dell’esaurimento di questo governo di estremo centro, peraltro in un paese un tempo indicato come modello dai cultori dell’efficientismo liberale. 


In realtà, Emmanuel Macron si è presentato come il “nuovo”, come l’uomo “provvidenziale” nel più trito e ritrito repertorio bonapartista. E come tutti i Bonaparte piccoli e grandi mescola liberalismo, nazionalismo colonialista, e fantasie reazionarie. Con un modo di fare immaturo, narcisista, capriccioso, arrogante, sordo a quel che dice l’opinione pubblica (salvo quando gli dà ragione).


Un armamentario repressivo a disposizione di chi verrà


Il divieto di “utilizzare dispositivi sonori portatili” per impedire il “movimento delle casseruole” dopo la promulgazione del decreto sulle pensioni, un impressionante cordone di polizia nei luoghi in cui si reca il presidente, la ricorrente denuncia del “wokismo”, della “teoria gender”, dell'”islamoguelfismo”, dell'”ecoterrorismo” o dell'”ultrasinistra” sono alcuni degli indizi di un regime sempre più autoritario. Secondo non pochi analisti, la “patria della democrazia moderna” si sta muovendo per entrare a pieno titolo nel campo delle democrazie “illiberali”.


Altrove, in Europa, i governi di destra dall’Italia alla Svezia e alla Finlandia, si spostano sempre più verso l’estrema destra. Macron, se non sarà fermato, con il suo uso indiscriminato delle forze repressive, con la continua erosione delle libertà civili in nome della lotta al terrorismo e all’immigrazione “clandestina”, con l’utilizzazione delle innovazioni tecnologiche nel controllo politico, sta preparando il terreno per l’arrivo al potere del Rassemblement National e di Marine Le Pen, che potrà quindi fregiarsi dell’appellativo di “governo democratico” perché l’arsenale repressivo le sarà stato fornito dal governo “democratico” precedente, senza il bisogno di nuove leggi “illiberali”.


Macron non è né Putin né Modi. Ma ormai è una versione chic di Viktor Orban: applicare il programma dell’estrema destra per evitare la sua ascesa al potere. Ma sta preparando l’avvento in Francia della clone di Putin e Modi. 


La resistibile ascesa di Emmanuel


Per ricordare la sua storia, Macron si è accaparrato il bottino elettorale quando i “gollisti” Nicolas Sarkozy, Alain Juppé e François Fillon, e i “socialisti” François Hollande e Manuel Valls sono usciti di scena. Ha ritenuto “intelligente” distruggere la sinistra e la destra “allo stesso tempo” per potersi sistemare in un “comodo” faccia a faccia di fronte all’estrema destra di Marine Le Pen. 


Emmanuel Macron è stato eletto la prima e la seconda volta solo grazie ai voti della sinistra, giustamente preoccupata di scongiurare la vittoria dei neofascisti. Ma il suo programma, liberale ed europeista, non è mai stato approvato da più di un quarto dell’elettorato, senza contare la crescente percentuale di astenuti (oltre il 28% alle presidenziali del 2022) che mina la legittimità delle istituzioni.


Con uno stile sordo e sprezzante, Emmanuel Macron è stato eletto per la prima volta alla suprema magistratura francese senza aver mai esercitato in precedenza il minimo mandato locale o nazionale, ha immediatamente avanzato un programma di fatto basato su due idee banali, quella dello “stato forte” e quella dell’”economia sana”. Così ha promulgato le sue riforme neoliberali per mezzo di ordinanze e decreti, bypassando i corpi intermedi e affidandosi a consulenze private.


Il retroterra democratico del paese e l’autoritarismo del presidente hanno prodotto un effetto prevedibile: i più profondi movimenti sociali dopo il maggio 1968, quello dei Gilets jaunes, e poi quello sulle pensioni del febbraio-maggio 2023.


Senza tenere in alcuna considerazione la persistente opposizione dell’opinione pubblica e di tutti i sindacati, alleandosi con Nicolas Sarkozy, ha voluto imporre una riforma finanziaria delle pensioni, di cui ha inutilmente rivendicato un’immaginaria legittimità democratica, ripetendo che la riforma faceva parte del suo programma e che sarebbe stata adottata attraverso un percorso istituzionale convalidato dal Consiglio costituzionale,


Rimuovendo però di essere stato eletto solo grazie ai voti della sinistra, tutta quanta ostile all’innalzamento dell’età pensionabile, dimenticando che il popolo non gli ha dato la maggioranza parlamentare nelle elezioni legislative che hanno seguito le presidenziali e che la legge è stata adottata non grazie ad un voto del parlamento ma solo in forza dei poteri dovuti all’articolo 49.3 della costituzione.


Come nel 2018 di fronte ai Gilets Jaunes, Macron ha risposto alla rabbia popolare con la violenza della polizia. Le violazioni della libertà costituzionale di manifestare, l’uso di tecniche di polizia belliche che provocano lesioni irreversibili come abrasioni e mutilazioni hanno portato alla condanna della Francia da parte delle organizzazioni per i diritti umani, del Consiglio d’Europa, della Corte di giustizia europea e delle Nazioni Unite.


Macron contro chi lo ha eletto per paura del fascismo


Di fronte a queste accuse, Emmanuel Macron sprofonda in una realtà parallela e radicalizza il suo discorso politico. Rieletto a malapena grazie ai voti della sinistra, compresi quelli de La France insoumise, sta escogitando di porre questa forza politica al di fuori dell'”arco repubblicano”, della cui demarcazione rivendica il monopolio. 


Ha visto la mano dell'”ultra-sinistra” nelle proteste contro la sua riforma previdenziale e la vede anche oggi nella rivolta delle banlieue. Giustifica la violenza della polizia con la necessità di combattere la violenza di alcuni manifestanti. E la delegittimazione della sinistra va di pari passo con il silenzio del governo sulle aggressioni dell’ultra-destra identitaria e degli agricoltori produttivisti che moltiplicano gli attacchi agli ambientalisti.


Il rifiuto di Macron di tenere conto del parere degli elettori quando non gli piace (come d’altra parte avvenne già nella Francia di Chirac nel 2005 di fronte al No al progetto di costituzione europea) getta ulteriore discredito sulla democrazia rappresentativa, alimenta l’astensionismo e incoraggia l’azione diretta per affermare le proprie opinioni.


Il governo Macron, come tutti i governi di destra (vedi Meloni in Italia) esibisce il suo disprezzo per i poveri, difende i mega bacini con le granate della polizia mentre le falde acquifere del paese si prosciugano, in nome della logica della finanza non fa nulla contro il crescente sovrasfruttamento dei lavoratori mentre i posti di lavoro diventano sempre più precari, legittima il trafugamento dei beni pubblici a vantaggio degli interessi privati, distribuisce fondi alle aziende più ricche e ai contribuenti più abbienti. 


Il governo ha messo in discussione perfino alcune delle istituzioni “repubblicane” più prestigiose e fino ad oggi “intoccabili”, come la Ligue des droits de l’homme (Lega dei diritti dell’uomo), nata al momento dell’affare Dreyfus, finora considerata inseparabile dall’idea repubblicana. Solo il regime filonazista di Pétain osò attaccarla. 


Nel mondo, sono il russo Putin, l’ungherese Orban, il turco Erdogan, l’indiano Modi, il tunisino Kaïs Saïed e il cinese Xi Jinping a comportarsi così.


A noi seguire quel che accade e trarre le conseguenze.

Francia, di fronte alla morte di Nahel è legittima rabbia

di Didier Fassin, autore di vari libri sulle banlieue, da Libération

La reazione del presidente francese al video della morte di Nahel a Nanterre (qua sotto), l’adolescente colpito al cuore da distanza ravvicinata da un agente di polizia, è stata che si è trattato di un atto “inspiegabile” e “imperdonabile”

Anche se queste parole volevano essere rassicuranti, soprattutto per una madre che ha appena perso il suo unico figlio, ci si chiede se abbiano colto nel segno.



Perché l’atto è davvero inspiegabile? 

Per gli abitanti dei quartieri popolari, che sperimentano quotidianamente l’aggressività della polizia, che conoscono anno dopo anno le morti per arma da fuoco, strangolamento, soffocamento e incidenti in cui sono coinvolti, che vedono le conseguenze di una legislazione che estende costantemente le loro prerogative a scapito dei diritti dei cittadini, non c’è nulla che possa sorprenderli. Per loro, la banalizzazione di questa violenza ha una spiegazione.

Un contratto rotto

Ma l’atto è imperdonabile? 

Al contrario, tutto indica che, in pratica, questi omicidi restano quasi sempre impuniti, che la prima reazione delle autorità di polizia è quella di scagionare gli autori, che la colpa viene scaricata sulle vittime, che vengono dipinte come criminali, che lo spirito di corpo porta gli agenti che assistono all’incidente a difendere i loro colleghi e che alla fine, nella maggior parte dei casi, né le autorità né i tribunali trovano qualcuno da incolpare. 

Se esiste una cultura del perdono, come spesso si sente dire a proposito dei giovani provenienti da ambienti della classe operaia, è certamente la polizia a beneficiarne.

In queste condizioni, le proteste che si esprimono nelle strade, anche attraverso distruzioni, non possono essere ridotte alla violenza popolare contro la violenza della polizia, o addirittura alla vendetta, come ha detto un leader sindacale. 

Sono il risultato di un’economia morale, se possiamo usare questo termine, che è stato usato per descrivere le ribellioni dei contadini inglesi nel XVIII secolo contro i profittatori che aggravavano la povertà e causavano carestie. 

Il contratto sociale che lega i membri di una società presuppone un minimo di rispetto per la vita umana, a maggior ragione da parte degli agenti che dovrebbero proteggerla. 

Quando la polizia uccide senza giustificazione, quel contratto viene violato.

Senso di indignazione

Lo è ancora di più quando la menzogna viene usata per coprire i fatti. 

Queste sono le dichiarazioni dell’autore del reato, del suo collega e delle forze di polizia, che possono essere smentite solo dall’esistenza di un video amatoriale, senza il quale sarebbe stata la vittima ad essere indicata colpevole di tentato omicidio. 

Perché menzognere sono state le affermazioni del ministro dell’Interno davanti all’Assemblea nazionale, secondo cui, dopo la votazione della legge del 2017, che autorizza a sparare per il semplice rifiuto di conformarsi quando gli occupanti del veicolo sono “suscettibili di perpetrare, nella loro fuga, danni alla loro vita o integrità fisica, o a quella di altri”, le sparatorie e gli eventi mortali per mano della polizia in queste circostanze sono diminuiti, mentre al contrario sono aumentati, secondo le statistiche dei suoi stessi servizi e, nel caso delle sparatorie, sono addirittura quintuplicati secondo un recente studio. 

È anche contro questa normalizzazione della menzogna pubblica al più alto livello di governo che si esprime il sentimento morale di indignazione.

Dobbiamo quindi apprezzare il significato di queste manifestazioni. Non per giustificarle, ma per capirle. 

Ad alcuni sembrano essere l’unica voce rimasta per denunciare la doppia ingiustizia della brutalità e dell’impunità. 

Se la legge permette oggi alle forze dell’ordine di usare le armi da fuoco senza l’obbligo della legittima difesa, la società deve almeno riconoscere, in memoria delle vittime, il diritto alla legittima rabbia.