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Francia, il Nuovo Fronte Popolare come strumento per ricostruire una sinistra di classe

di Aurore Lancereau, dal n. 157 della rivista L’Anticapitaliste (giugno 2024)

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Francia, sull’Ucraina posizioni positive della sinistra francese

Il Nuovo Fronte Popolare: “Sconfiggere Putin”

(Nell’immagine in alto, le posizioni delle liste francesi messe a confronto dal sito Eurobull)

In Francia si sta consumando una grave crisi politica. Il presidente Emmanuel Macron ha sciolto il parlamento e indetto elezioni anticipate. L’estrema destra, avendo ottenuto quasi il 40% dei voti nelle recenti elezioni per il parlamento europeo, ha una reale possibilità di salire al potere e formare un governo.

Di fronte a questa minaccia, i partiti di sinistra della Quinta Repubblica hanno messo da parte le loro differenze e si sono uniti nel Nuovo Fronte Popolare. Va notato che questa coalizione ha riunito partiti che avevano posizioni opposte sulla guerra in Ucraina. Ad esempio, il Partito Comunista e La France insoumise hanno ripetutamente chiesto un cessate il fuoco immediato, colloqui di pace e compromessi, e si sono quindi opposti alla fornitura di armi.

D’altro canto, il centro-sinistra e gli attivisti anticapitalisti hanno sostenuto la lotta armata dell’Ucraina contro l’imperialismo russo fin dall’inizio dell’invasione.

Alla fine, gli sforzi degli attivisti in solidarietà con gli ucraini hanno portato all’adozione di una posizione comune della sinistra, che fornisce un sostegno inequivocabile alla resistenza ucraina:

Sconfiggere la guerra di aggressione di Vladimir Putin e ritenerlo responsabile dei suoi crimini di fronte alla giustizia internazionale: difendere risolutamente la sovranità e la libertà del popolo ucraino e l’integrità dei suoi confini fornendo le armi necessarie, cancellando il debito estero dell’Ucraina, confiscando i beni degli oligarchi che contribuiscono alle azioni militari russe nel quadro consentito dal diritto internazionale, inviando forze di pace per garantire la sicurezza delle centrali nucleari e lavorando per una pace giusta per l’Ucraina. (dal “Contratto di legislatura” del NFP, vedi qui il testo integrale in francese).

Accogliamo con favore l’adozione di queste tesi, che sembrano essere la risposta immediata di qualsiasi movimento progressista all’invasione russa.

In un momento in cui le forze di estrema destra stanno guadagnando influenza in tutta Europa, l’unità della sinistra con l’Ucraina è un fattore vitale per sostenere i valori democratici e la giustizia internazionale.

Francia, la sinistra verso le legislative

      Nelle urne e nelle piazze, l’NPA-L’Anticapitaliste è pronto a prendere parte alla lotta unitaria

      Sette organizzazioni di sinistra (il comunicato e di ieri, nel frattempo le organizzazioni firmatarie della dichiarazione sono diventate 10) hanno appena pubblicato una dichiarazione congiunta (pubblicata qui sotto) per le prossime elezioni legislative. Esse rispondono all’aspirazione unitaria espressa contro la minaccia del fascismo e contro le politiche autoritarie, razziste e antisociali di Macron, che gli hanno spianato la strada.

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      Elezioni europee, una “alleanza separata” all’interno della sinistra radicale

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      Francia, sempre più teso il confronto tra Mélenchon e il PCF


      Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei


      di Fabrizio Burattini


      Forse non è noto a tutte/i, ma il riferimento francese del Partito della Rifondazione comunista non è “La France Insoumise” di Jean-Luc Mélenchon che del “Partito della Sinistra Europea” è solo “osservatore”, ma è il Partito Comunista Francese, che ne è ufficialmente membro.


      Allora facciamo un po’ di chiarezza.


      Fabien Roussel

      E’ di dominio pubblico la tensione che regna da anni tra il partito di Mélenchon e il PCF diretto dal segretario Fabien Roussel e che si è acuita dopo il successo del primo nelle elezioni presidenziali di aprile 2022 (21,95%) e il magro risultato raccolto dal secondo (2,28%).

      Tanto più se si tiene conto che una presentazione unitaria avrebbe consentito a Mélenchon di scavalcare Marine Le Pen (23,15%) estromettendola dal ballottaggio.


      Ma la tensione non si basa solo su quell’occasione mancata. Roussel non digerisce il fatto che la crisi verticale del Partito socialista francese e la sua quasi sparizione sia stata capitalizzata dalla France Insoumise e non dal suo partito. Così, la presa di distanza del PCF da Mélenchon e dal resto della sinistra è diventata il tratto distintivo della politica dei comunisti d’Oltralpe da qualche tempo in qua.


      Già durante il grande movimento sindacale e di massa contro la riforma delle pensioni il PCF aveva duramente stigmatizzato quei manifestanti giovani e non solo che reagivano duramente alle cariche della polizia. Si era dissociato dalle importanti manifestazioni spontanee che si sono prodotte quando il presidente Macron ha deciso di ignorare la volontà della stragrande maggioranza dei cittadini e ha fatto adottare per decreto e senza votazione parlamentare la controriforma previdenziale.


      In questi giorni, la sinistra nella sua quasi totalità sta costruendo la manifestazione del 23 settembre (appuntamento ore 14,30 dalla Gare du Nord fino alla Bastiglia) contro la violenza della polizia, il razzismo sistemico e per le libertà civili, a cui hanno aderito 160 organizzazioni (tra le quali LFI e il NPA, la CGT, FSU e SUD-Solidaires) ma dalla quale il PCF ha preso le distanze negando la sua adesione. Solo un paio di federazioni giovanili del PCF (delle Bouches du Rhône e della Loira) hanno formalmente aderito.

      Il leader del PCF Fabien Roussel ha dichiarato: “Non parteciperò perché non me la sento di manifestare contro la polizia”; ha ammesso, bontà sua, dopo le decine di omicidi, spesso a sangue freddo, perpetrati da agenti contro giovani delle periferie, che “il razzismo esiste tra gli agenti di polizia, ma questa manifestazione sta prendendo una piega che non condivido, ed è per questo che non sarò presente”.


      E non basta la questione della polizia a creare un fossato crescente tra il PCF e il resto della sinistra francese. Il segretario del PCF, senza considerare il clima islamofobico che il presidente e l’estrema destra stanno creando da tempo nel paese, ha espresso il suo assenso verso la decisione del governo Macron di vietare alle ragazze di indossare il velo nelle scuole.


      Come se non bastasse, il segretario del PCF ha rilanciato la posizione del partito (tradizionale, ma messa in secondo piano negli ultimi anni) favorevole all’energia nucleare. “Il nucleare”, secondo lui, “fa risparmiare, è la questione centrale della ricostruzione della Francia, della nostra industria e della nostra lotta per un clima migliore”.


      Per evitare di apparire inerte e filogovernativo, Roussel in alternativa alla manifestazione del 23 ha affermato di voler dare voce alla “rabbia dei francesi” e ha lanciato la proposta di “assediare le prefetture” in tutto il paese. Alle critiche di Jean-Luc Mélenchon, per un’iniziativa che ha ironicamente definito “violenta” e “personale”, visto che non è stata “discussa da nessuna parte, nemmeno nel PCF”, Fabien Roussel, altrettanto ironicamente, si è chiesto se Mélenchon fosse diventato “moderato politicamente” oppure si fosse “rammollito in testa”, alludendo evidentemente all’età del leader di LFI (72 anni).


      Tanto che l’eurodeputata verde di EELV, presente al dibattito nel quale Roussel si è espresso così, ha dovuto commentare: “Si è fatto prendere un po’ la mano”.


      Naturalmente Roussel (54 anni), che è molto più giovane di Mélenchon, guarda lontano, conoscendo le debolezze e le fratture interne alla NUPES e alla stessa LFI e constatando che, almeno per il momento, all’interno di quella formazione non emerge nessuna figura di ricambio per una leadership che difficilmente potrebbe ricandidarsi nelle presidenziali del 2027 quando Mélenchon avrà 76 anni.


      Nelle sue dichiarazioni di qualche giorno fa al quotidiano Libération, Roussel ha detto: “È una questione di progetto per la Francia. Se mi trovassi ad affrontare Marine Le Pen al secondo turno, penso addirittura di poter essere in vantaggio… Forse alcuni elettori di destra voterebbero per me. Cosa che non farebbero con un Insoumis”.

      Ecco, questo è il “partito fratello” di Rifondazione in Francia. Il PRC si appresta nel fine settimana (21-24 settembre) a tenere la sua festa nazionale a Bologna (Parco Cevenini, Via Domenico Biancolelli, Borgo Panigale). Chiedo e mi chiedo: “Che ne pensano i militanti e i dirigenti del PRC di queste posizioni del loro omologo transalpino?”.

      La France Insoumise, una corrente politica con i piedi d'argilla

      Clémentine Autain e Jean Luc Mélechon



      La France Insoumise si presenta come una formazione politica plurale che sta diventando un polo di riferimento fondamentale per la ricomposizione della sinistra in Francia. Per questo ci sembra importante conoscere la sua evoluzione, la sua forza e le sue debolezze, soprattutto nel contesto delle mobilitazioni popolari e della crisi politica e sociale in corso nel paese.

      di Patrick Le Moal (Nuovo Partito Anticapitalista-NPA), da Viento Sur

      Costruita attorno alla personalità di Jean Luc Mélechon (JLM), La France Insoumise (LFI) occupa oggi un posto centrale nella sinistra politica francese. Sulla base dei risultati delle elezioni presidenziali, è riuscita a riunire nella NUPES la sinistra istituzionale, il PS, Europa Ecologia – I Verdi (EELV) e il PCF, sulla base del suo programma presidenziale, che si oppone fondamentalmente alle politiche neoliberali dei governi di sinistra e di destra degli ultimi anni e che rompe con il produttivismo a favore di una transizione ecologica. Rappresenta uno spostamento del baricentro della sinistra verso posizioni politiche, sociali ed ecologiche radicali, senza tuttavia essere anticapitalista.

      LFI ha trionfato in questa operazione, arrivando per un soffio a presentarsi al secondo turno contro Macron eliminando la neofascista Le Pen. Ma le elezioni presidenziali sono molto particolari. Dopo l’allineamento della durata dei mandati del presidente e dei parlamentari, che ora vengono eletti dopo le elezioni presidenziali, queste elezioni sono concepite per dare al presidente tutte le leve politiche. A sinistra, visto il risultato dell’estrema destra (oltre il 30%), molti voti vanno al primo turno al candidato che probabilmente, secondo i sondaggi, impedirà alla Le Pen di essere presente al secondo turno. Approfittando di questo voto utile, LFI ha schiacciato elettoralmente il PS social-liberale e ha mantenuto il PCF e l’EELV ai livelli più bassi.

      La natura della svolta nelle elezioni legislative del 2022

      Sebbene l’impatto politico nazionale avvenga con le elezioni presidenziali, i mezzi per esistere finanziariamente e politicamente in tutto il territorio dipendono dalle elezioni legislative.

      La decisione di Mélechon di creare la NUPES ha impedito a Macron di ottenere la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale, una novità importante dopo 20 anni, e ha permesso al RN di Marine Le Pen di limitare la sua avanzata. Allo stesso tempo, ha fissato l’equilibrio di potere a favore di LFI, con 67 deputati (17 nel 2017), consentendo al PS e al PCF di mantenere la loro rappresentanza (32 e 12) e all’EELV di formare un gruppo parlamentare (16 deputati invece di 1 solo nel 2017).

      Questi risultati hanno aumentato considerevolmente i mezzi a disposizione di LFI per i prossimi anni, sia politici che materiali: il suo finanziamento da parte dello stato supera i 4 milioni di euro all’anno, senza contare i mezzi concessi ai deputati, che consegnano il 12% della loro indennità e hanno assistenti parlamentari: l’apparato di LFI ha cambiato scala.

      Alle radici di La France Insoumise

      Allo stesso tempo, questa sequenza segna un’evoluzione nel posizionamento di LFI. Durante la sua costruzione, nel 2016, Mélechon ha organizzato incontri con teorici del populismo di sinistra, come Chantal Mouffe. Sebbene abbia mantenuto da questa corrente l’approccio alla politica, così come il ruolo centrale del leader, la natura del programma elettorale è fondamentalmente diversa dalle teorie di Laclau. 

      L’Avenir en commun [Il futuro in comune, il titolo del programma elettorale di Mélechon, ndt], che riprende in gran parte il programma della campagna elettorale del 2017 e presenta più di 80 misure chiave e quasi 700 proposte, “è il frutto di un laborioso lavoro di armonizzazione ideologica tra sensibilità, tradizioni e correnti diverse” e con molti interlocutori esterni a LFI. Questo è molto diverso da quello che dice il programma di Laclau: “L’unità del gruppo è (…) il risultato di un’articolazione di richieste. Ma questa articolazione non corrisponde a una configurazione stabile e positiva che possa essere intesa come una totalità unificata”.

      Mélechon non è mai uscito dagli schemi della sinistra francese. LFI, emersa dalle decantazioni della sinistra istituzionale, è una costruzione ben adattata al sistema politico, impregnata di repubblicanesimo francese, in rottura con il social-liberalismo, con posizioni ecologiche strutturanti.

      La sua esistenza ha permesso una piccola mobilitazione al secondo turno, ma non ha impedito la massiccia astensione nei quartieri popolari alle elezioni legislative. In parlamento, NUPES è un intergruppo che riunisce quattro gruppi che mantengono la loro indipendenza (LFI, PS, PCF, Verdi) e non prendono sempre le stesse decisioni, né votano sempre allo stesso modo. Nella realtà quotidiana degli ambienti popolari, non esistono strutture Nupes aperte a tutti, che organizzino l’unità dal basso, radicandola in quegli stessi ambienti popolari. Non è altro che un accordo elettorale.

      Partner poco affidabili

      I partner di LFI vogliono riconquistare il terreno perso al momento della costituzione dell’alleanza elettorale… mantenendo il quadro della NUPES.

      Tutti sono stati o sono in congresso, e sono divisi.  L’EELV ha tenuto il suo congresso a dicembre (12.700 membri e 5.600 votanti). Non ha respinto la NUPES, ma la maggioranza vuole riequilibrare i rapporti di forza nelle prossime elezioni europee del 2024, più favorevoli all’EELV, e sta preparando una presentazione autonoma. La corrente che sostiene un legame con la sinistra è stata chiaramente sconfitta, con meno del 20%.

      Il congresso del PS, che si è appena tenuto (41.000 membri, 23.200 votanti), ha visto una relativa sconfitta per Olivier Faure, che ha negoziato l’adesione alla NUPES. Il partito è spaccato in due tra il suo orientamento e quello difeso da molti leader storici contrari a qualsiasi accordo con LFI e altri favorevoli all’unità della sinistra… sotto la guida del PS.

      Il congresso del PCF si terrà in aprile (41.000 iscritti, circa 29.900 votanti nelle primarie) e la vittoria di Fabien Roussel, che ha condotto una campagna dal profilo operaista, reazionario sulle questioni ecologiche e sociali, è quasi assicurata. Il suo documento che rifiuta “l’offuscamento” del PCF, raggruppando identitari, ortodossi nostalgici dell’URSS e sostenitori di un’unità della sinistra con il PS, sarà la base di partenza con un voto dell’82%, che metterà in minoranza i sostenitori dell’unità con l’LFI.

      Ma nessuno di questi tre partiti mette in discussione questo quadro nell’immediato, per due motivi. In primo luogo, il rarissimo contesto di unità sindacale nella mobilitazione in difesa delle pensioni spinge in direzione dell’unità: chi si presentasse contro questa aspirazione verrebbe spazzato via.

      Inoltre, l’attuale instabilità parlamentare lascia intravedere l’ipotesi di uno scioglimento dell’Assemblea Nazionale. Tutti coloro che hanno conquistato deputati con la NUPES avrebbero troppo da perdere con la sua scomparsa.

      LFI a una svolta

      Strutturata intorno alle elezioni presidenziali, a causa della sua posizione dominante a sinistra dovrà trasformarsi se vuole mantenere la sua leadership e pensare di diventare egemone a sinistra.

      Tuttavia, l’assenza di strutturazione democratica è alla base dell’organizzazione di LFI. Al momento della sua creazione, nel 2016, si è presentata come qualcosa di diverso da un partito, un movimento gassoso, senza alcuna strutturazione democratica nazionale, senza un congresso, senza votazioni. Chiunque può aderire, con pochi clic su internet, senza pagare quote di iscrizione o di tesseramento. Centinaia di migliaia di persone lo hanno fatto, forse 500.000 dalla sua creazione. Durante le elezioni, decine di migliaia di persone hanno fatto donazioni, che non sono quote associative, ma cyber-militanti.

      I membri entrano a far parte di un Gruppo di Azione Locale, il cui numero ideale è fissato a 11 membri e non dovrebbe superare i 15. È difficile sapere quanti siano i membri del Gruppo. È difficile saperlo perché non c’è un congresso con votazioni, che sono il momento della verità. 

      I dati di Manuel Cervera-Marzal, che ha studiato a fondo il funzionamento della LFI, illustrano queste incertezze. Egli stima che “tra il 2018 e il 2020, LFI aveva circa 6.000 militanti”. Per militanti intendeva “attivi all’interno di un gruppo di sostegno”… una definizione un po’ riduttiva… “la cifra potrebbe essere rivista al rialzo”. Nel novembre 2021, ha fatto un’altra approssimazione: “Stimo che, in relazione agli oltre 500.000 membri, più o meno, i militanti sul campo saranno dieci volte meno”. Un’altra stima è possibile sulla base dei gruppi d’azione, che potrebbero avere più di 30.000 membri.

      La struttura di LFI

      I gruppi d’azione non hanno finanze, né locali, né materiale di stampa. Non ci sono strutture intermedie, né raggruppamenti geografici, né quadri permanenti di azione e di riflessione in cui si possa sviluppare un pensiero collettivo, in cui le decisioni possano essere prese democraticamente.

      Legalmente, LFI ha solo tre persone con pieni poteri. È una democrazia plebiscitaria in cui le decisioni più importanti sono prese da un numero limitato di leader, in una formazione stretta intorno al leader, che consente l’agilità politica dei piccoli gruppi, ma costituisce una struttura molto gerarchica, in cui la verticalità delle decisioni coesiste con l’orizzontalità degli affiliati, privandoli di qualsiasi possibilità di influenzare l’orientamento e le decisioni. 

      Riabilitando l’individualismo come tratto dell’insubordinazione, “il carattere centralizzato della France Insoumise è a immagine della struttura giacobina dello stato francese”, la guida di fronte al popolo, senza corpi intermedi. Mélechon non solo prende atto della fine dei partiti, ma contribuisce alla loro emarginazione.

      Il lancio di Média: un’occasione mancata

      Questo portale di notizie gratuite, creato nel 2018 da persone vicine a LFI, ha rivendicato allo stesso tempo la sua totale indipendenza. Un appello molto ampio da parte di personalità di sinistra e di estrema sinistra ha sostenuto l’iniziativa, a favore di un’informazione indipendente dai poteri finanziari.

      Ma il team iniziale è stato rapidamente ridotto. La direttrice è stata ringraziata per i suoi servizi, il giornalista Noël Mamère, ex deputato ambientalista e membro della Generazione X, se n’è andato dopo un mese, rifiutandosi di continuare a fare da “garante”, e altri sono seguiti. È ben lungi dall’essere un media cooperativo, indipendente, collaborativo e pluralista. 

      Ben presto è apparso come ciò che era in realtà: un organo al servizio di LFI. Ha perso l’opportunità di creare uno spazio pluralista. Il suo pubblico dà un’idea del pubblico di LFI: circa 150.000 visite al giorno su You Tube, circa un milione alla settimana.

      Il parlamento di breve durata per la campagna elettorale del 2022

      In occasione della campagna elettorale, è stato creato il “Parlamento della campagna dell’Unione Popolare”, che riunisce 125 membri di LFI e 125 personalità, sindacalisti, intellettuali, rappresentanti di associazioni, leader di lotte, presieduto da Aurélie Trouvé, ex portavoce di ATTAC. Avrebbe potuto essere l’inizio di un processo di riorganizzazione della sinistra, ma non ha avuto un’esistenza vera e propria. Quando la NUPES è stata costituita, si è allargato, ma oggi è completamente scomparso.

      Dopo la campagna elettorale si sono levate voci a favore di una nuova organizzazione LFI. Venivano da intellettuali e correnti politiche presenti come tali in LFI, che sollevavano i problemi della democrazia interna e della costruzione di una contro-egemonia nella società, e anche da attivisti di base che avevano visto LFI sgonfiarsi dopo le elezioni presidenziali del 2017 e volevano avere un’organizzazione che permettesse una militanza quotidiana.

      Clémentine Autain si è dissociata pubblicando un testo in cui ribadiva il merito dell’LFI per aver saputo “sperimentare pratiche che rompono con il funzionamento dei partiti tradizionali. Più flessibile, orientata all’azione, molto offensiva sui social network, libera da battaglie congressuali interne”, ha lodato “la fusione di consenso e pluralismo” che permette di non stabilire maggioranze e minoranze, e ha avanzato proposte concrete per “una leadership identificata che possa combinare tre livelli di legittimità: gli eletti, i gruppi d’azione, le forze del movimento sociale e culturale impegnate in mezzo a noi”.

      L’economista Cédric Durand e il sociologo Razmig Keucheyan ritengono che LFI “si stia muovendo. Da movimento agile, calibrato per battaglie elettorali lampo, deve trasformarsi in una forza irresistibile, capace non solo di accedere al potere con i suoi alleati NUPES, ma anche di intraprendere una biforcazione ecologica e sociale sistemica superando il capitalismo. Per fare questo, ha bisogno di strutturare a lungo termine una forza popolare della sinistra sociale ed ecologica in grado di essere un attore politico decisivo nei prossimi decenni”.

      Il lavoro di riorganizzazione del movimento portato avanti da 15 dirigenti del nucleo centrale attorno a Mélechon, a partire dai workshop dell’università estiva del 2022, ha portato a “riforme” presentate all’Assemblea dei “rappresentanti” del 10 dicembre 2022, composta da 160 quadri e membri responsabili scelti a sorte, senza alcun dibattito sostanziale organizzato all’interno del movimento nel suo complesso. Ovviamente, ha ratificato le proposte e ha nominato un fedele di Mélechon per sostituirlo alla presidenza, Manuel Bompard.

      Per quanto riguarda l’organizzazione di base, l’unica novità è quella di consentire il coordinamento di gruppi d’azione a livello locale che possono ora creare “circuiti dipartimentali” in grado, attraverso “contributi volontari” dei militanti (e che non costituiscono contributi che concretizzino un’adesione e concedano diritti), di avere spese locali e acquisire locali nelle aree rurali e periurbane.

      La formazione dell’Istituto La Boétie

      È stata creata una scuola di formazione nazionale, attraverso l’Istituto La Boétie, ora presieduto da Mélechon, che è diventato un luogo molto più importante di sviluppo intellettuale e uno strumento di educazione popolare. Riunisce un gran numero di personalità intellettuali, pubblica note e argomentazioni, organizza colloqui e tavole rotonde e una scuola di formazione nazionale, un corso intensivo due volte l’anno per una classe di 70 militanti selezionati sulla base di un bando di concorso.

      Questo è uno degli spazi in cui si misurerà il grado di apertura della direzione dell’LFI, condizione per la partecipazione a lungo termine degli intellettuali coinvolti.

      La costituzione di una nuova leadership

      La risposta alle richieste di una leadership inclusiva ha significato un nuovo blocco del gruppo dirigente. Dopo l’Assemblea, è stata nominata una leadership settimanale “per consenso”, composta da 21 persone cooptate in totale opacità, facendo valere il nucleo duro di LFI fino ad allora informale ed escludendo accuratamente le personalità critiche. 

      Per evitare eccessive polemiche, è stato costituito un Consiglio di una quarantina di persone, che si sarebbe dovuto riunire ogni quattro-sei settimane, rappresentando la pluralità del movimento e dei suoi membri, in modo molto simile all’ex “Spazio politico” della LFI, ora defunto perché privo di ragion d’essere.

      Molte sono state le reazioni pubbliche che hanno criticato il funzionamento tribale, duramente denunciato da Mélechon, che invita i militanti a rimanere uniti. Clémentine Autain, François Ruffin, Alexis Corbière, Éric Coquerel e Raquel Garrido, ora soprannominati i “frondeurs” [ribelli] dell’LFI, hanno persino organizzato una manifestazione congiunta il 16 febbraio a Bobigny contro la riforma delle pensioni, con un successo limitato.

      Il ruolo del gruppo parlamentare

      Il gruppo parlamentare riunisce attorno al nucleo storico, senza Mélechon, che ha deciso di non ricandidarsi, rappresentanti eletti di diversa estrazione, con esperienze di lotta molto ricche, come Rachel Keke, ex portavoce dello sciopero delle cameriere dell’hotel Ibis Batignolles, Alma Dufour, attivista ambientale e portavoce degli Amici della Terra tra il 2017 e il 2021, Aurélie Trouvé, attivista antiglobalizzazione, co-presidente dell’ATTAC tra il 2006 e il 2012, poi portavoce di questa associazione tra il 2016 e il 2021. Ne fanno parte anche deputati membri di organizzazioni politiche appartenenti all’LFI, all’organizzazione trotzkista lambertista POI, alla Gauche Ecosocialiste [Sinistra Ecosocialista], organizzazione fondata da militanti che hanno lasciato l’NPA nel 2012 per aderire al Fronte di Sinistra.

      Questo gruppo parlamentare non è interamente controllato dal nucleo centrale di LFI. Prende decisioni a maggioranza, sulle tattiche parlamentari e su altre questioni, che non sono sempre strettamente legate alla volontà della leadership.

      Lo si è visto durante la crisi che si è verificata quando Adrien Quatennens, che JLM vedeva come suo successore, è stato accusato di violenza coniugale. Egli ha riconosciuto la tipica violenza coniugale e si è ritirato dalla sua funzione. Mélechon ha poi pubblicato un messaggio di sostegno alla “dignità e al coraggio” di Adrien Quatennens di fronte al “voyeurismo mediatico” che danneggia tutti coloro che difendono le donne vittime di violenza coniugale e molti leader di FI che hanno ritirato la loro solidarietà. Dopo la sua condanna a quattro mesi di reclusione con la condizionale, i parlamentari hanno votato e deciso una “esclusione temporanea dal gruppo” per quattro mesi e un rientro “condizionato all’impegno di intraprendere un percorso di responsabilizzazione” sulla violenza contro le donne. Si chiedono anche le dimissioni di Adrien Quatennens, in seguito alle sue recenti dichiarazioni che invertono i ruoli di vittima e carnefice.

      In occasione dei tatticismi parlamentari sulla controriforma delle pensioni, Mélechon è intervenuto nuovamente e pubblicamente per criticare gli altri gruppi della NUPES che “purtroppo si sono allineati alle lezioni di buone maniere impartite dal potere macronista”, influenzando al contempo il gruppo LFI che le aveva condivise.

      Problemi di leadership dopo il ritiro quasi annunciato di Mélechon

      La notte del primo turno delle elezioni presidenziali, Mélechon ha lasciato intendere che si sarebbe dimesso e avrebbe lasciato il suo posto, quando ha detto “fate di meglio”! Questa apertura ha stuzzicato l’appetito di tutti coloro che vorrebbero prendere il suo posto.

      Chi ci sarà alla fine? È difficile dirlo. Per il momento, lungi dal concentrarsi sull’Institut La Boètie, Mélechon dimostra che c’è sempre da considerare la sua presenza.

      Il posto relativo di LFI nella mobilitazione sulle pensioni

      Il funzionamento di LFI è incentrato sul successo elettorale, che non favorisce la formazione di militanti in grado di svolgere un ruolo trainante in un sindacato, in un’associazione o in una mobilitazione unitaria, che richiede di saper lavorare a lungo termine con gli altri, di incontrarsi, di discutere, di adattarsi in base al dibattito, di decidere democraticamente, di essere in maggioranza. È sorprendente notare che in questi contesti gli attivisti di LFI sono pochissimi, ma sono molto dinamici a livello politico.

      Ma gli oppressi mobilitati, politicizzati e radicalizzati si organizzano in molti modi diversi, che non sono promossi o strutturati dalla LFI. Pensare che queste diverse forme passino naturalmente sotto la sua guida politica è un’illusione in generale, ma ancor più nell’attuale mobilitazione. Le frizioni sono permanenti. Come ha detto il segretario generale della CGT, Philippe Martinez, rispondendo a Mélechon, sulle forme di azione, “non c’è nessuno che decide al posto di tutti, ma parliamo e decidiamo…”.

      Nell’attuale mobilitazione in difesa delle pensioni, LFI vorrebbe che i suoi deputati fossero i punti di riferimento naturali delle lotte. Ma non è così. L’intersindacale completamente unificata appare ai milioni di oppositori del governo come il quadro adatto alle esigenze, come lo era Mélechon in campo elettorale. Ecco perché, dopo il rumore e il furore della contesa parlamentare, nelle manifestazioni LFI è una corrente politica come le altre della sinistra, e non svolge un ruolo specifico nell’organizzazione del confronto, che è la questione centrale per tutti coloro che vogliono vincere.

      Per concludere

      Nel campo politico, nello spazio mediatico, LFI è una forza ineludibile. In quel campo di rovine che è oggi la sinistra politica francese, appare come la forza centrale e determinante. Ma è costruita su basi fragili ed è incapace di assumersi la responsabilità di organizzare il campo degli oppressi.

      Il popolo in basso ha bisogno di molto di più di un movimento organizzato solo per vincere le elezioni. Ciò che manca drammaticamente oggi è una forza politica egemonica a sinistra che offra un’alternativa al capitalismo, che strutturi, organizzi gli sfruttati e gli oppressi, nei loro luoghi di lavoro, nei loro quartieri, che unisca le lotte contro lo sfruttamento capitalistico, la crisi ecologica, le oppressioni in un insieme emancipatorio, che metta la democrazia più ampia al centro delle sue pratiche. LFI è ben lontana da questo!

      E per il momento, le piccole e frammentarie misure di riorganizzazione che mirano solo a mantenere una macchina elettorale non portano al cambiamento, sono ben lontane dall’essere all’altezza delle sfide del periodo, dato lo stato attuale delle forme di organizzazione degli sfruttati e degli oppressi.