Il multipolarismo è una delle caratteristiche del “caos globale” che regna sul pianeta da alcuni anni a questa parte e che la crisi multidimensionale che attraversa il capitalismo globale sembra aggravare in maniera esponenziale. In questo contesto giocano un ruolo importante i BRICS e l’allargamento del loro club definito nel vertice dello scorso anno. Si vanno costituendo un nuovo contesto geopolitico globale e un nuovo protagonismo di numerosi paesi del Sud del mondo. Con istituzionali deboli e interessi spesso contrastanti tra i loro membri, i BRICS sembrano più un sintomo dei cambiamenti sulla scena internazionale che la loro causa. Ma questo multipolarismo – lo si è visto con l’invasione russa dell’Ucraina – lungi dall’essere un rimedio al predominio delle tradizionali potenze imperialistiche occidentali, lo sta sostituendo con una multipolarità nella quale tutte le regole del diritto internazionale vengono cancellate.
Come documentazione sulla dinamica dei BRICS, pubblichiamo questo saggio della European progressive political foundation
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Il caos nel mondo e in America
Questo interessante articolo è tratto dal numero 230 (maggio 2024) della rivista “Against the Current”, la rivista politica delle compagne e dei compagni dell’organizzazione statunitense socialista, femminista e antirazzista Solidarity, organizzazione simpatizzante della Quarta Internazionale.
Continua a leggere Il caos nel mondo e in AmericaIl destino della Palestina a 7 mesi dall’attacco a Gaza
La migliore “soluzione” che potrebbe scaturire dalla guerra genocida sionista in corso è peggiore di quella che esisteva prima, e certamente peggiore di quella che appariva all’orizzonte dopo l’accordo di Oslo.
di Gilbert Achcar, da Al-Quds al-Arabi
Continua a leggere Il destino della Palestina a 7 mesi dall’attacco a GazaPalestina, tra liquidazione e prosecuzione della lotta
Di fronte all’attuale catastrofe che, quanto ad atrocità, vittime, distruzione e sfollamento, supera la Nakba del 1948, la cosiddetta “Autorità Palestinese” (AP) ha presentato a Ramallah un’iniziativa ritenuta in grado di compensare le sofferenze che il popolo palestinese sta sopportando, vale a dire una nuova richiesta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di riconoscere l’AP di Ramallah come stato membro dell’organizzazione internazionale al pari degli altri stati membri.
Continua a leggere Palestina, tra liquidazione e prosecuzione della lottaQuarta Internazionale del 1949 sulla fondazione della NATO
Pubblichiamo qui sotto l’articolo con cui la rivista “Quarta Internazionale”, nel suo numero 5 del marzo 1949 analizzò la fondazione della NATO di cui proprio oggi ricorre il 75° anniversario. Com’è del tutto evidente, la puntuale e impacabile analisi di quell’avvenimento, inserito in quel contesto storico, si colloca oggi in un contesto drasticamente mutato, per la fine della Guerra Fredda, per la selvaggia restaurazione capitalistica in quei paesi che allora incarnavano il “socialismo reale”, per l’emergere di nuove potenze economiche e politiche, come la Cina, per l’imporsi al vertice della Federazione russa di una sfrenata ambizione neoimperialistica e neozarista. In poche parole per l’imporsi di un caos globale che regna ovunque e sconvolge vecchie certezze, rendendo necessaria una complessiva riconsiderazione della lotta internazionalista.
Continua a leggere Quarta Internazionale del 1949 sulla fondazione della NATOHaiti, tra criminalità, paramilitari e intervento esterno
La crisi di Haiti dura da anni e anni ed è il risultato di una instabilità politica strutturale, di una povertà estrema e diffusa, di disastri naturali, di crollo delle istituzioni statali e di una cronica assenza della “comunità internazionale”. Regimi militari e interventi armati esterni non hanno risolto le cause di fondo della crisi, anzi, hanno prodotto ulteriori violazioni dei diritti umani. La popolazione haitiana soffre pesantemente di una violenza persistente che si è aggravata già nel 2021 dopo l’assassinio del “presidente” Jovenel Moïse ed ha raggiunto livelli estremi in queste ultime settimane, quando varie bande criminali hanno preso il controllo della capitale Port-au-Prince e di altre zone del paese.
Non dimentichiamo che Haiti è stato nel 1804 il luogo della prima vera e vittoriosa rivolta di schiavi dell’epoca moderna.
Pubblichiamo la traduzione di un articolo tratto dal sito dell’Institudo de Estudos Latino-Americanos dell’Universidade Federal de Santa Catarina.
Ucraina, anno III
di Hanna Perekhoda, da solidarites.ch
La guerra russa in Ucraina sta entrando nel suo terzo anno e non c’è alcun segno che Putin abbia cambiato il suo obiettivo originario: lo smantellamento totale dello stato ucraino. Molti in Occidente stanno diventando impazienti nella prospettiva che l’Ucraina debba rinunciare alla “terra” (e alle persone che la abitano) in cambio della “pace”.
Continua a leggere Ucraina, anno IIILe radici dell’atteggiamento imperialista della Russia verso l’Ucraina
Nell’attesa del secondo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina (24 febbraio), pubblichiamo questa analisi delle motivazioni profonde dell’iniziativa di Putin.
di Hanna Perekhoda, ucraina di Donesk, dottoranda in storia presso l’Istituto di studi politici dell’Università di Losanna, attivista di Sotsialny Rukh in Ucraina e fondatrice del Comitato Ucraina svizzero, da newpol.org
Il 24 febbraio 2022, il Cremlino ha lanciato una “operazione militare speciale” con l’obiettivo dichiarato di eliminare completamente l’indipendenza dell’Ucraina come stato e società.
La decisione del presidente russo Vladimir Putin è stata una sorpresa per molti osservatori, poiché pochi esperti avevano previsto un simile scenario. Le loro previsioni erano spesso offuscate dalla convinzione prevalente che la Russia non avesse “motivazioni oggettive” per impegnarsi in una guerra di questa portata.
Lenin, ciò che ci ha lasciato
In occasione del 100° anniversario della morte di Lenin, oggi pubblichiamo un articolo del 1970 di Ernest Mandel, originariamente uscito nell’allora giornale della sezione belga della Quarta Internazionale, La Gauche, n. 16, 18 aprile 1970.
Nel testo l’autore punta a dare una chiara conferma degli insegnamenti di Lenin, ma mostra anche come già nel 1970 la QI prendesse già in considerazione alcuni elementi che solo gli sviluppi futuri avrebbero portato alla luce. Naturalmente, alcune considerazioni riguardano il contesto poltico e sociale dell’epoca.
India (Bharat), il suo nome e la sua "rivoluzione mancata"
Narendra Modi |
Certamente, dunque, la scelta di Narendra Modi e del suo partito populista di estrema destra di prediligere questa definizione ha a che fare con il rinascente nazionalismo indiano e con la “ideologia” dell’hindutva, quel misto di razzismo e di integralismo religioso induista che nega il carattere multietnico e multireligioso del subcontinente indiano e che gli ha consentito di conquistare il 56% dei seggi del parlamento (anche se solo con il 37% dei voti).
Ma questa forse effimera considerazione terminologica, unitamente alla più sostanziale rilettura della Lettera aperta di Leone Trotsky ai lavoratori indiani del luglio 1939 (nella quale il dirigente rivoluzionario chiarisce oltre ogni ragionevole dubbio come, in presenza di uno scontro anche acutissimo tra imperialismi, ci si debba sempre basare sulle esigenze politiche e sociali dei popoli), mi ha spinto ad approfondire la storia recente del Bharat (o dell’India) che proprio qualche settimana fa ha festeggiato il 76° anniversario dell’indipendenza e in particolare la diffusa credenza secondo cui l’immenso paese è riuscito a liberarsi dal giogo coloniale inglese grazie alla strategia non violenta della “disobbedienza civile” sostenuta da Mohāndās Karamchand Gāndhī e dal suo Partito del Congresso.
Pierre Rousset |
Sushovan Dhar |
Pierre Rousset: L’indipendenza, la liberazione dal giogo coloniale britannico nel 1947, è stata effettivamente conquistata grazie al movimento di disobbedienza civile incarnato da
Mohāndās Karamchand Gāndhī?
Sushovan Dhar: Per quanto riguarda il movimento di liberazione dell’India e la non violenza di Gandhi, si tratta di una versione esagerata e asettica della storia indiana, presentata dal Partito del Congresso e dagli storici liberali, soprattutto dopo l’indipendenza.
In realtà, i gruppi di resistenza armata furono molto potenti e diedero un contributo importante alla lotta per l’indipendenza dell’India. Il movimento era particolarmente forte in Bengala, Bihar, Uttar Pradesh (allora chiamato Provincia Unita) e Punjab. Inoltre, ci fu una serie di movimenti di massa armati guidati dalla sinistra: Telangana, Tebhaga e molte altre rivolte in diverse parti dell’India. Anche Bhagat Singh e i suoi compagni dell’Associazione socialista repubblicana dell’Hindustan giocarono un ruolo importante.
Il “sogno” della borghesia indiana |
Anche diversi movimenti operai e contadini facevano parte del Congresso. Sarebbe quindi sbagliato pensare che il Congresso rappresentasse solo la tradizione della non violenza.
In realtà, Gandhi entrò in scena solo nel 1920 con il suo movimento di non cooperazione. Si trattava di un tentativo, non riuscito, di indurre il governo britannico a concedere l’autonomia, o swaraj, all’India. Tuttavia, il fallimento di questo movimento portò Gandhi a perdere il controllo sul Congresso. Infatti, le fazioni socialiste del partito, che comprendevano sezioni che non aderivano pienamente alla non-violenza di Gandhi, presero il controllo del partito.
Lo stesso accadde nel 1934, quando Gandhi rinunciò alla disobbedienza civile. Se analizziamo la storia della lotta per la libertà in India, scopriamo che, fino al 1942, il movimento della non violenza di Gandhi non era in prima linea nella lotta per la libertà. La politica di Gandhi era in gran parte limitata ad azioni individuali (satyagraha).
Una manifestazione di Quit India |
P.R: Il movimento comunista indiano è stato importante. Ma non sembra aver giocato un ruolo importante nel 1946-1947?
S.D.: L’importanza del movimento comunista indiano divenne evidente a seguito delle cause intentate dalla potenza coloniale. Già negli anni Venti, i comunisti furono processati in una serie di casi di cospirazione.
MN Roy |
Il processo per la cospirazione comunista (bolscevica) di Kanpur (1924-25): fu avviato contro leader comunisti tra cui MN Roy, Shaukat Usmani, SA Dange, Muzaffar Ahmad, Ghulam Hussain, Singaravelu Chettiar e altri, molti dei quali appartenenti al gruppo di Tashkent e altri attivisti contadini e operai provenienti da diverse parti dell’India. I suddetti individui furono accusati in base all’articolo 121-A perché, secondo il governo britannico, stavano tentando di “privare il Re Imperatore della sua sovranità sull’India britannica, separando completamente l’India dalla Gran Bretagna imperialista attraverso una rivoluzione violenta”.
Il processo per la cospirazione di Meerut (1929-1933): questo processo fu il più importante per l’affermazione del Partito Comunista dell’India come partito della classe operaia e contadina. Per aver organizzato una protesta dei dipendenti delle ferrovie indiane e dell’industria tessile, diversi funzionari sindacali di tutta l’India furono arrestati, insieme a tre inglesi affiliati all’Internazionale Comunista, e processati. I leader erano Sohan Singh Josh, Muzzafar Ahmed, Philip Spratt, Shaukat Usmani e Shripad Amrit (SA) Dange. Sono stati condannati ai sensi del’articolo 121-A. La Grande Depressione portò a un’ondata di attività sindacale, organizzazione e scioperi nelle principali aree industriali indiane alla fine degli anni Venti, cui seguirono i processi di Meerut.
Purtroppo, il Partito Comunista dell’India non partecipò al movimento Quit India del 1942.
Che conseguenze ha avuto l’assenza del PCI?
Lasciò le masse nelle mani del Partito del Congresso. Il risultato fu un trasferimento di potere e non una rivoluzione sociale… Ha portato all’indipendenza della borghesia nazionale e non delle masse lavoratrici, che pure avevano svolto un ruolo fondamentale nella lotta per l’indipendenza. È stata ottenuta a costo di lotte popolari in diverse parti del paese per quasi un secolo.
Ci furono possibilità di creare autogoverni locali in diverse parti dell’India (ad esempio, il governo indipendente della città di Tamralipta nel Bengala), ma l’assenza di una forte forza di sostegno – la leadership – lasciò che queste rivolte popolari accettassero gli ordini di Gandhi e si arrendessero.
Tuttavia, non dimentichiamo che le organizzazioni popolari di sinistra, in particolare i sindacati, hanno svolto un ruolo importante nel movimento Quit India. Le forze di sinistra di tradizione non-PC (il Revolutionary Socialist Party-RSP, il Revolutionary Communist Party of India-RCPI, il Bolshevik–Leninist Party of India, Ceylon and Burma-BLPI e altre) parteciparono al movimento con pieno vigore.
Pertanto, il 1942 non fu un movimento non violento né un movimento guidato da Gandhi. Tuttavia, la borghesia nazionale, che sostenne Gandhi per tutto il tempo, purtroppo emerse come unica vincitrice e giocò un ruolo importante nell’India post-indipendenza, plasmando il corso della storia indiana, dove le strutture fondamentali di sfruttamento e oppressione (casta, genere, ecc.) rimasero intatte anche dopo la fine del dominio coloniale. L’esperienza indiana è diventata un modello per la borghesia del Terzo Mondo, che è emersa come forza principale nella maggior parte del mondo decolonizzato.
Va aggiunto che porre le questioni della violenza e della non violenza come opposizioni binarie contribuisce a elevare le questioni metodologiche o tattiche al di sopra del contenuto politico della lotta.
Questo è vero non solo per la politica gandhiana, ma anche per i suoi contraltari, i movimenti armati marxisti, maoisti e di guerriglia in molte parti del mondo. Abbiamo visto più volte il fallimento di queste politiche.
Alcuni suggerimenti di lettura (in inglese)
• India’s Struggle for Independence, Bipan Chandra, Mridula Mukherjee, Aditya Mukherjee, Sucheta Mahajan, and K. N. Panikkar, Penguin Random House, 1987
• The Mahatma and the Ism, E. M. S. Namboodiripad, LeftWord, 2010 (la première publication en 1959)
• Modern India 1885–1947, Sumit Sarkar, Palgrave Macmillan London, 1989
• A History of Indian Freedom Struggle, E. M. S. Namboodiripad, Social Scientist Press, 1986
• From Plassey to Partition and After: A History of Modern India, Sekhar Bandyopadhyay, Orient Longman, 2004
• An Open Letter to the Workers of India, Leon Trotsky, July 1939