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Due anni di guerra in Ucraina, un punto di vista femminista

intervista di Patrick Le Tréhondat alle attiviste di Feministytchna maïsternia (Feminist Workshop), organizzazione di donne fondata nel 2014 con l’obiettivo di creare uno spazio per lo sviluppo della comunità femminista nel paese, da pressegauche.org

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Israele-Gaza, la liberazione delle donne attraversa la linea del fronte

I principi femministi obbligano a stare dalla parte delle donne palestinesi massacrate a Gaza e delle donne israeliane che testimoniano la violenza di genere

di Samah Salaime, attivista e scrittrice femminista palestinese, da 972mag.com

Le due lotte più importanti della mia vita sono la lotta contro la violenza di genere e la lotta contro l’occupazione israeliana. Ho sempre pensato che queste lotte fossero inestricabilmente legate, in quanto entrambe mirano alla liberazione e all’uguaglianza dei gruppi oppressi: donne e palestinesi. Ma per la prima volta ho l’impressione che questi due mondi si stiano scontrando.

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Berlusconi è morto, ma l'incubo della sua eredità rimane…


di Yorgos Mitralias

Purtroppo, la fine di Berlusconi non significa la fine del modello di politica (borghese) che ha inventato e attuato. 

Perché no? Perché Berlusconi è riuscito a dare l’esempio, plasmando un’intera “generazione” di politici di estrema destra estremamente neoliberisti e iper-reazionari che già governano o minacciano di governare quasi metà dell’umanità, flirtando con il fascismo quando non si dichiarano apertamente fascisti. 

E, naturalmente, i “risultati” di Berlusconi sono sufficienti a giustificare l’affermazione di molti dei suoi attuali apologeti secondo cui egli ha “lasciato un segno nella storia del suo paese e del suo tempo”. Tuttavia, essi dimenticano di aggiungere che Berlusconi “ha lasciato il segno nel suo paese e nel suo tempo” allo stesso modo del suo compatriota… Benito Mussolini, al quale Silvio amava essere paragonato quando prese le redini del governo italiano dopo i trionfi elettorali del 1994, 2001 e 2008…

Si tratta solo delle vanterie di un fanfarone incallito con la predilezione per i paroloni privi di impatto pratico? 

Certamente no, se ricordiamo non solo che l’attuale prima ministra “post-fascista” italiana, Giorgia Meloni, è una sua creazione personale, ma anche che Berlusconi ha fatto in modo, fin dal primo giorno della sua carriera politica, che gli epigoni di Mussolini uscissero dal quarantennio postbellico, prima facendo del loro leader Gianfranco Fini il vicepresidente dei suoi governi, poi fondendo il suo partito con quello dei fascisti di Fini.

Ma Berlusconi non si è limitato a questa sistematica “collaborazione” con i figli spirituali di Mussolini. 

Ha fatto qualcosa di molto più importante e terribilmente pericoloso: ha cambiato l’Italia in modo così radicale da rendere irriconoscibile un intero paese e la sua società, l’Italia. Come abbiamo scritto lo scorso settembre (in francese), commentando le elezioni italiane che hanno visto il trionfo della Meloni, “il berlusconismo, quel misto di cinismo neoliberista, volgarità nouveau riche, razzismo aggressivo e sessismo estremo, amoralismo sfrenato, ha portato e continua a portare scompiglio perché si è radicato nella società italiana e ora scorre nelle sue vene”.

Ma l’importanza storica e l’estrema pericolosità di Berlusconi risiedono soprattutto nel fatto che egli non ha limitato l’impatto delle sue azioni al proprio paese, ma le ha consapevolmente conferito una dimensione internazionale. 

Come negli anni Ottanta la Thatcher ha avviato e “legittimato” con il suo esempio le politiche neoliberiste che sono state poi attuate da innumerevoli imitatori in tutto il mondo, così Berlusconi, alla fine del XX secolo e all’inizio del XXI, ha “inventato”, ha avviato e “legittimato”, con il suo esempio (vittorioso), politiche – ma anche comportamenti – violentemente antioperaie e al tempo stesso ultra-reazionarie e oscurantiste, che prima di lui sarebbero state impensabili, ma che oggi vengono attuate da decine di suoi imitatori, grandi e piccoli, in tutto il mondo.

Infatti, la diffusione del modello politico berlusconiano è ormai così capillare, e le sue radici anche nelle metropoli del capitalismo internazionale così evidenti, da costituire probabilmente la più grande e immediata minaccia politica per l’umanità. 

Ecco cosa scrivevamo in proposito nove mesi fa in un articolo dal titolo eloquente: Verso l’Internazionale bruna dell’estrema destra europea e globale?”:

L’India di Modi, la Russia di Putin, il Brasile di Bolsonaro, l’Ungheria di Orban, e presto l’Italia di Giorgia Meloni e forse gli Stati Uniti di Trump II – l’elenco è tutt’altro che esaustivo, ma dà un’idea della gravità della minaccia che incombe sull’umanità. Lungi dall’essere tutti nostalgici o “eredi” del fascismo e del nazismo del periodo tra le due guerre, questi leader sono accomunati dal razzismo, dalla xenofobia, dall’autoritarismo, dall’islamofobia e dall’antisemitismo, dall’aperto rifiuto della democrazia parlamentare (borghese) e dalla misoginia, la loro adorazione per i combustibili fossili e lo scetticismo climatico, il loro militarismo, il loro disprezzo per i diritti e le libertà democratiche, il loro controllo della storia e delle teorie cospirative, il loro odio per la comunità LGBTQ, il loro oscurantismo e il loro attaccamento viscerale al trittico “famiglia-patriarcato-religione”.

Naturalmente, non è un caso che tutti loro siano sempre stati amici, alleati e ammiratori di Berlusconi, e che oggi si sfidino a colpi di lodi sfrenate del loro defunto idolo e modello politico. 

Oltre all’odio – spesso omicida – che loro, come molti altri, nutrono nei confronti del movimento operaio, degli immigrati, di tutte le minoranze etniche, sessuali e di altro genere, dei “diversi” e, naturalmente e soprattutto, delle donne, c’è qualcos’altro che li accomuna e che è un contributo del tutto personale del defunto Silvio Berlusconi: un particolarissimo approccio “estetico” alla vita che coniuga la volgarità estrema con la teppaglia, l’esibizionismo macho con la misoginia più primitiva.

E tutto questo coltivando la violenza e il culto della violenza, monopolizzato dalle “élite”, cioè da loro stessi, per sottomettere e schiacciare tutti coloro che, in Europa, in America e nel resto del mondo, si ostinano a difendere e a rivendicare i più elementari diritti e libertà democratiche…

In conclusione, Berlusconi ci ha lasciato, ma la sua eredità, che rimane più che mai temuta, non ci permette di gioire come vorremmo per la lieta notizia della sua scomparsa!

Stati generali della natalità, il capitalismo di fronte alle "culle vuote"


di Giovanna Russo

Il recente decreto legge sul lavoro, con le sue misure di ampliamento delle forme di precarietà, il ridimensionamento del reddito di cittadinanza, colpiscono in particolare le donne, che più spesso degli uomini si trovano in condizioni di disoccupazione e di lavoro povero. Ma oltre l’aumento delle difficoltà materiali di vita, c’è una pressione ideologica reazionaria specifica, centrata sul tentativo di rilanciarne il ruolo di asse portante del lavoro di riproduzione sociale all’interno di una famiglia dalla forma patriarcale tradizionale. 

La triade “dio-patria-famiglia”, che è stata al centro della campagna elettorale di FdI, è ora terreno della politica governativa di riordino sociale in cui le donne sono viste come fattrici per la riproduzione biologica, segregate nella subalternità dei ruoli familiari, in un quadro di ri-disciplinamento dell’intera società. 

La terza edizione degli “Stati generali della natività”, nella due-giorni romana (11-12 maggio), è stata la rappresentazione eloquente di questo orientamento politico-ideologico e delle sue finalità. La nutrita presenza di ministri,  rappresentanti istituzionali ed esponenti di grandi aziende economiche, oltre quella immancabile del Papa, ha mostrato l’importanza della questione demografica per l’insieme della classe dominante: nell’attuale trend demografico che ha condotto la natalità ai minimi storici, con poco più di 300.000 nascite annuali, il capitalismo ha l’interesse generale di assicurarsi la sostituzione generazionale della forza lavoro e la “carne da cannone” per le prospettive militari internazionali,  ma trova spazio anche la preoccupazione  contingente delle aziende del settore materno-infantile di fermare il restringimento del mercato dei prodotti per l’infanzia.  

Nella brochure intitolata Avete mai immaginato un mondo senza bambini? sono evocati scenari apocalittici di una “Italia spopolata da qui alla fine del secolo”. Blanciardo, presidente dell’Istat, già noto per la sua proposta di includere i feti abortiti nel calcolo delle aspettative di vita, ha accreditato la tesi della necessità di almeno 500.000 nuovi nati all’anno; vi hanno fatto eco una sequela di affermazioni clerico-razziste sulla necessità di una filiazione italiana – beninteso da coppie eterosessuali – per scongiurare il pericolo di “sostituzione etnica” da parte degli immigrati “che ci invadono”. Il ministro Lollobrigida si è lanciato nella difesa dell’etnia italiana e dell’identità della “nazione” da difendere con ogni mezzo.

Queste squallide dichiarazioni si potrebbero liquidare come grottesche, se non fossero condivise da esponenti della classe dirigente di numerosi paesi dell’occidente industrializzato, sostenute dal fondamentalismo religioso e da centinaia di associazioni antiabortiste, se non si collegassero alle tesi di raggruppamenti neo-nazisti che coltivano teorie sulla purezza della razza di hitleriana memoria.

Il governo riafferma la concezione della famiglia gerarchica, patriarcale e bianco-ariana – malgrado l’esistenza attuale di una molteplicità di forme di famiglia e di convivenza – arrivando a non riconoscere i diritti dei figli di coppie omogenitoriali, impedendone la registrazione anagrafica, come un tempo si discriminavano i figli nati fuori dal matrimonio. 

Durante la convention sulla natalità, gli oppositori di centro-sinistra (Schlein, Conte, Carfagna, Bonetti) non hanno saputo che esporre le difficoltà economiche delle donne e le carenze dei servizi sociali di sostegno (di cui sono responsabili i governi di tutti i colori) a giustificazione del calo delle nascite. 

Meloni ha risposto prospettando interventi vari, già promessi senza esito diverse volte, ma soprattutto incentivi alle aziende che assumono donne o le riassumono dopo la maternità. Perché le donne “devono poter lavorare”:  in realtà,  per dirla tutta, mancando il sistema economico di una sufficiente offerta di forza- lavoro, le donne devono continuare a rimbalzare dallo sfruttamento nella sfera del mercato formale a quello nella sfera familiare, in più portando “figli alla patria”. 

Nessun accenno ai fattori di infertilità dovuti all’inquinamento ambientale, alla mancanza di fiducia nel futuro o allo stress del doppio lavoro, aumentati enormemente tra le coppie sterili che vorrebbero un figlio; nessun rammarico per gli “aborti bianchi” dovuti alle pesanti condizioni di lavoro nelle fabbriche.

Noi pensiamo che la crisi demografica che investe i paesi dell’occidente industrializzato – in cui l’Italia si colloca ai primi posti –  sia una crisi di capacità del sistema capitalistico di riprodurre la specie umana, nella sua fase decadente distruttiva. Questo problema rimane irrisolto all’interno delle istituzioni sociali storicamente determinate che privatizzano e scaricano la responsabilità genitoriale sulle sole donne, rinchiudendole nella subordinazione di genere.

La diminuzione delle nascite è la risposta legata soprattutto ai cambiamenti di immagine che le donne hanno di sé, ai programmi di vita che vanno oltre lo scopo tradizionale della procreazione, al diritto di scelta che si sono conquistate, compreso quello di accedere alla maternità in una età non precoce come un tempo. Su questo i bonus economici possono poco, come dimostra l’esperienza degli stati dove le politiche familiari sono più sviluppate.

La visione del mondo sessista e nazionalista delle destre, per altro tacitamente connivente con gli spazi di profitto aperti da una vasta casistica di forme del mercato riproduttivo, viene portata in tutti gli ambiti possibili, nel tentativo di influenzare il senso comune e il mercato del consenso.  

Quando incontra il dissenso pubblico, la vocazione autoritaria è pronta ad impedirne l’espressione. E’ accaduto recentemente al Salone Internazionale del Libro di Torino, quando la presentazione di un libro di Eugenia Roccella, ministra della famiglia, della natalità e delle pari opportunità, è stata contestata dai collettivi di Extinction Rebellion e di Non una di meno di Torino. L’episodio si è concluso con la denuncia di 29 attiviste, che dovranno rispondere del reato di violenza privata. 

Ad esse va la nostra completa ed attiva solidarietà. E’ evidente l’intento intimidatorio di dissuadere le contestazioni simili, di stroncare sul nascere ogni opposizione accampando il pretesto della libertà di parola, pur non mancando certo né la ministra Roccella né gli altri politicanti di strumenti per far sentire la propria voce e imporre il peso della maggioranza.

Meloni ha definito l’episodio “inaccettabile e fuori da ogni logica democratica”. Ma non è certo accettabile né democratico disapplicare la legge 194 con l’obiezione di coscienza negli ospedali pubblici, tagliare le spese ai consultori e alle strutture della salute riproduttiva, usare mezzi di umiliazione e di ricatto come il seppellimento dei feti per colpevolizzare le donne che ricorrono all’aborto, distribuire finanziamenti ai movimenti pro-life che proprio in Piemonte hanno raggiunto la cifra record di 400 milioni.
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Donne, disuguaglianze di carriera, disuguaglianze pensionistiche. Quando è troppo è troppo!


In questo 8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna, la mobilitazione contro una riforma pensionistica che penalizza le donne e la lotta per una reale uguaglianza tra donne e uomini è più che mai attuale. Chiediamo il ritiro del progetto di riforma delle pensioni che penalizza particolarmente le donne!

Le nostre organizzazioni ribadiscono che la parità professionale è un requisito di giustizia sociale e un mezzo per finanziare il nostro sistema di protezione sociale. Piuttosto che una riforma pensionistica punitiva, questa esigenza richiede un vero attacco alle disuguaglianze tra donne e uomini. Le donne vanno in pensione con, in media 40,5% in meno rispetto agli uomini.

Disuguaglianza salariale = disuguaglianza pensionistica

Le donne guadagnano in media il 22% in meno degli uomini.

Sono in maggioranza tra gli impiegati e le professioni intermedie, ma restano in minoranza tra i dirigenti.

Non possiamo più accettare che, a parità di qualifica, i lavori svolti prevalentemente dalle donne siano sistematicamente pagati meno dei cosiddetti lavori maschili. Il fumo negli occhi della pensione minima di 1.200 euro non inganna più nessuno.

Più della metà delle donne partono con una pensione inferiore a 1.000 euro e non beneficeranno dell’aumento di 100 euro della pensione che il governo è così ansioso di promuovere.

Ed è un calo anche per chi ha scelto di andare oltre l’età pensionabile per migliorare l’importo della propria pensione. Lavoreranno fino a 64 anni senza il beneficio della maggiorazione.

Donne dimenticate

I quattro criteri di difficoltà eliminati nel 2017 non sono stati ripristinati nel “conto personale di difficoltà C2P” (che elenca i lavori più gravosi), di cui già beneficia una grande maggioranza di uomini. Il disagio vissuto dalle lavoratrici di prima e seconda linea, tanto decantato durante la crisi Covid, rimane chiaramente sottovalutato, se non addirittura ignorato.

Doppia giornata = mezza pensione

Non accettiamo più che la maternità e l’onere dei compiti domestici siano un freno all’uguaglianza e una pesino esclusivamente sulla carriera delle donne. Chiediamo un vero e proprio servizio pubblico per la prima infanzia e una revisione delle modalità per incoraggiare la genitorialità condivisa. Il 12% delle donne va in pensione a 67 anni, a causa della mancata progressione di carriera per non aver convalidato un numero sufficiente di trimestri.

Riforma delle pensioni = perdita dei trimestri legati alla maternità

Infine, denunciamo l’effetto più perverso di questa riforma pensionistica, presuntamente favorevole alle donne. L’aumento dell’età pensionabile a 64 anni comporta per le donne la perdita totale o parziale del beneficio dei trimestri convalidati per la maternità e l’educazione dei figli. Questo meccanismo di compensazione delle disuguaglianze subite durante la vita lavorativa va a vantaggio innanzitutto e legittimamente alle madri, consentendo loro di andare in pensione prima. La riforma la sta mettendo a repentaglio. È inaccettabile!

I sindacati interprofessionali e giovanili invitano i lavoratori a cogliere l’8 marzo per denunciare ovunque la grave ingiustizia sociale di questa riforma pensionistica per le donne.

Russia, Vika Petrova rischia fino a 15 anni di carcere

Vika Petrova, che rischia fino a 15 anni di carcere, è sotto pressione in un centro di detenzione preventiva. L’avvocata di Vika Petrova, Anastasia Pilipenko, ha dichiarato che i compagni di cella della sua cliente sono stati “convinti” a scrivere una dichiarazione in cui si afferma che Vika ha continuato la sua propaganda contro la guerra durante la detenzione preventiva. 

“Nelle strutture di detenzione preventiva è facile trovare ‘testimoni’ di crimini che non sono accaduti. Alcuni scriveranno tutto ciò che deve essere fatto volontariamente, altri lo scriveranno sotto la minaccia dell’isolamento. In precedenza, i casi di giustificazione del terrorismo erano apparsi in questo modo. Ora, a quanto pare, nasceranno nuovi ‘falsi’ e ‘discrediti’. Nel silenzio del reparto di isolamento possono inventare e scrivere tutto quello che vogliono. Anche sull’agitazione per la ‘Primavera’ quasi estremista”, dice Pilipenko.

A maggio, le forze dell’ordine hanno arrestato Vika Petrova in un caso di “fake news” per un video su VKontakte dedicato alla guerra contro l’Ucraina. In base a questo articolo, potrebbe rischiare fino a 15 anni di carcere. Ieri si è tenuta un’altra udienza in tribunale: l’inchiesta accusa la ragazza di aver incitato all’“odio politico” in tre post sui social network. Da parte sua, la detenuta ha affermato che con i suoi post non cercava di incitare all’odio contro i militari, ma di salvarli esortandoli a non eseguire ordini criminali. 

“Stavo dando una valutazione negativa dei crimini di guerra. Non sono d’accordo con la decisione delle autorità di lanciare un’operazione speciale. Questa guerra è infondata e mostruosa. Non sono d’accordo con le azioni delle autorità”, ha dichiarato Petrova.

Le femministe ucraine: "Siamo solidali con la rivolta iraniana"

Il presidente russo Putin a il presidente iraniano Raisi durante il loro incontro a Teheran nel luglio scorso


L’uccisione della 22enne curdo-iraniana Jîna (Mahsa) Amini da parte della “polizia morale” iraniana il 16 settembre ha scatenato proteste di massa. Le proteste sono iniziate a Teheran e si sono rapidamente diffuse in tutto il Paese e nel mondo.

Le proteste sono state accolte con una violenta repressione da parte delle forze di sicurezza iraniane. Iran Human Rights ha riferito che almeno 304 persone sono state uccise durante la rivolta.

Proteste e scioperi continuano in Iran nonostante le uccisioni e la repressione.

Diversi gruppi di attiviste femministe e ONG ucraine hanno firmato la seguente dichiarazione, condannando la repressione ed esprimendo la loro solidarietà.

Dichiarazione delle femministe ucraine in solidarietà con le donne iraniane

Noi, femministe ucraine, esprimiamo la nostra solidarietà alla rivolta iraniana, scatenata dal brutale assassinio di Mahsa Amini da parte della polizia morale iraniana. Migliaia di donne hanno risposto a questo crimine scendendo in strada, tagliandosi i capelli, togliendosi e bruciando pubblicamente l’hijab come simbolo della loro oppressione.

Quella che era iniziata come una protesta contro la brutalità della polizia e l’obbligo dell’hijab si è rapidamente trasformata in una resistenza generale del popolo iraniano contro il regime patriarcale e dittatoriale dei mullah e la forma autoritaria di capitalismo che esso rappresenta. Alla mobilitazione di base si uniscono oggi scolaresche, studenti, sindacati, minoranze etniche e persone appartenenti ad altri gruppi sociali colpiti dalla crisi economica, dagli alti prezzi dei generi alimentari, dai tagli sociali e dalle privatizzazioni. Questa nuova ondata di lotte prosegue e amplia la serie di rivolte contro le disuguaglianze socio-economiche, l’oppressione politica e la discriminazione etnica che hanno scosso l’Iran nell’ultimo decennio. 

Gli slogan “Donna, vita, libertà” e “Morte al dittatore” si sono diffusi dal Kurdistan iraniano in tutto il Paese e nelle piazze di tutto il mondo. Oltrepassando i confini dei gruppi sociali e delle classi, questa ondata di resistenza ha al centro la figura della donna iraniana, colei che lotta per la propria e altrui vita. Esprimiamo il nostro sostegno alle richieste dei manifestanti, tra cui:

  • Cambiamento del regime dittatoriale e democratizzazione della vita politica;
  • Riduzione delle disuguaglianze socio-economiche, sviluppo della protezione sociale, garanzia e rispetto dei diritti del lavoro;
  • Autonomia delle donne sul proprio corpo e sulla propria vita, compreso il diritto di scegliere se indossare o meno l’hijab;
  • Giustizia e protezione dalla violenza negli spazi pubblici e privati.

La rivolta popolare in Iran sta affrontando una dura repressione. Centinaia di manifestanti sono già stati uccisi, feriti o arrestati. Ma lo stato iraniano non opprime solo i suoi cittadini. Fornisce anche sostegno ad altri regimi oppressivi e imperialisti. Nelle ultime settimane, i droni iraniani impiegati dall’esercito russo hanno ucciso decine di civili e distrutto innumerevoli abitazioni e infrastrutture vitali in Ucraina. La lotta del popolo iraniano per la propria libertà è anche una lotta per la libertà e la sicurezza di tutti gli ucraini.

Da otto mesi le donne e gli uomini ucraini resistono all’aggressione imperialista del presidente russo Vladimir Putin. Gli iraniani continuano a lottare contro il loro regime dittatoriale e ultraconservatore e contro l’economia di profitto delle élite

Libertà per l’Iran! Libertà per l’Ucraina! Tutti insieme vinceremo!

Firmato (finora) da:

Organizzazioni

  • ONG Laboratorio femminista
  • ONG Sotsialnyi Rukh (Movimento sociale)
  • Feminist Lodge
  • ONG “Ragazze”
  • ONG Associazione femminile “Sfera”
  • Gender Stream
  • Femministe di Kiev, media indipendenti in lingua inglese
  • Centro per lo sviluppo della democrazia
  • Donne rurali in Ucraina
  • Alleanza pubblica “Azione politica delle donne”
  • ONG “Centro di cultura di genere”
  • Risorse di esperti “Gender in Detail”

Firme individuali

  • Daria Saburova, ricercatrice, membro della “Rete europea di solidarietà con l’Ucraina”.
  • Oksana Dutchak, sociologa, co-editrice di “Commons/Spilne”
  • Viktoriia Pihul, femminista, attivista, membro del Consiglio del “Movimento sociale/Sotsialnyi Rukh”.
  • Iryna Zahladko, scrittrice
  • Oksana Kis, storica delle donne
  • Nastey Teor, artista visiva e graphic designer
  • Maryna Lykhoshva, analista IT
  • Dott.ssa Svitlana Babenko, docente, responsabile del programma MA “Studi di genere”, Facoltà di Sociologia, Università Nazionale Taras Shevchenko di Kiev
  • Artur Sumarokov, drammaturgo e critico cinematografico
  • Zhabka Anastasiia, studentessa
  • Marta Romankiv, artista
  • Ira Lobanok, musicista/produttore musicale
  • Oksana Briukhovetska, artista, curatrice, candidata all’MFA presso la Stamps School of Art & Design, Università del Michigan
  • Maria Podzerey, operatrice informatica
  • Anastasia Shevelova, artista, graphic designer, fotografa
  • Liliia Hryhorieva, JSC “Ukrtelecom”, membro del sindacato dei lavoratori delle telecomunicazioni dell’Ucraina
  • Kateryna Polevianenko, designer UI/UX
  • Anya Kudrinova, insegnante, borsista di “Insegnare per l’Ucraina”.
  • Fishchenko Anastasiia, studentessa, attivista di base del collettivo Solidarity Kitchen
  • Polina Vyzhak, consulente del Consiglio consultivo per le ragazze adolescenti e del Consiglio consultivo per le artiste changemaker del Fondo globale per le donne
  • Dott.ssa Tamara Martsenyuk, Professore associato, Dipartimento di Sociologia, Università di Kyiv-Accademia Mohyla (Ucraina)
  • Hanna Ariabinska, CO “Donne Positive”
  • Marta Chumalo, vice-capo del Centro “Prospettive femminili”.
  • Lisovska Olena, correttrice di bozze

Qui, nel sito jadaliyya.com, un elenco (evidentemente parziale) delle dichiarazioni di solidarietà con la lotta delle donne iraniane

La guerra e il futuro dell'Ucraina e del movimento di sinistra

Risoluzione adottata dalla Conferenza nazionale del 17 settembre dal Соціальний Рух (Sotsyalnyi Rukh “Movimento sociale”)

Il popolo ucraino ha affrontato sfide difficili, ma ha dimostrato la sua capacità di lottare per il diritto di decidere del proprio destino e la sua determinazione a difendere il paese e a porre fine alla guerra il prima possibile. Le autorità e i rappresentanti dell’ideologia fondamentalista del mercato, insieme alle grandi imprese, continuano a portare avanti un modello economico incentrato sul beneficio di una minoranza a scapito del benessere dell’assoluta maggioranza.

Il popolo ucraino ha affrontato sfide difficili, ma ha dimostrato la sua capacità di lottare per il diritto di decidere del proprio destino e la sua determinazione a difendere il paese e a porre fine alla guerra il prima possibile. Le autorità e i rappresentanti dell’ideologia fondamentalista del mercato, insieme alle grandi imprese, continuano a portare avanti un modello economico incentrato sul beneficio di una minoranza a scapito del benessere della maggioranza assoluta. In questo modello, i lavoratori sono completamente asserviti alla volontà dei loro datori di lavoro, mentre le funzioni sociali e normative dello stato vengono abolite in nome delle “esigenze aziendali”, della “concorrenza” e del “libero mercato”.

Il nostro paese merita un assetto postbellico, in cui un lavoro dignitoso, un sistema affidabile di protezione sociale, un’istruzione, un alloggio e una medicina a prezzi accessibili diventino una priorità. Gli ucraini hanno già visto quanto possano essere essenziali per la sopravvivenza imprese pubbliche come l’Ukrzaliznytsia (le Ferrovie statali, ndt), di proprietà dello Stato, e hanno anche provato quanto possa essere dolorosa la deregolamentazione dei prezzi di cibo, case e carburante.

È necessario un partito che attui una visione alternativa dell’Ucraina – democratica, sociale e socialista. Questo partito dovrebbe proteggere e unire la classe operaia e i non privilegiati, coloro che oggi non hanno rappresentanza politica e subiscono continui abusi. Questo partito deve proteggere la maggioranza assoluta della popolazione attiva dalle imposizioni dei datori di lavoro.

L’obiettivo finale di questa forza politica deve essere l’emancipazione dell’umanità e la radicale democratizzazione della vita economica, politica, nazionale e sociale. Il partito dovrebbe sostenere il trasferimento del potere sull’economia dai proprietari privati e dalla gestione aziendale ai collettivi di lavoro e alle comunità. Il processo decisionale e la distribuzione dei beni economici devono essere nell’interesse dell’intera comunità, non dei proprietari del capitale. A tal fine, l’economia deve essere costruita sulla base della proprietà pubblica anziché privata.

Con lo scoppio della guerra, gli oligarchi e gli altri grandi capitalisti sono fuggiti dallo stato. È stata la gente comune, compresi i lavoratori organizzati, che rappresentano la parte più consistente della società civile, ad ergersi per difendere il Paese. Purtroppo, nonostante la classe operaia costituisca il nucleo della resistenza ucraina all’imperialismo russo, le nostre autorità continuano ad approvare leggi volte a limitare il suo coinvolgimento nel processo decisionale, provocando così ulteriori conflitti sociali, minando le capacità di difesa e attaccando i diritti democratici della maggioranza per la protezione della minoranza dominante. Le decisioni antisociali sono giustificate dalla necessità militare, anche se in pratica la maggior parte delle esperienze di “economia di guerra” che hanno avuto successo nel mondo si basava sui principi dello Stato sociale e del dialogo sociale.

La guerra ha creato nuove forme di auto-organizzazione e di politica di base. La mobilitazione della nazione per la guerra di liberazione ha rafforzato il senso di causa comune e ha fatto capire che è grazie alla gente comune, non agli oligarchi o alle imprese, che questo Paese esiste. La guerra ha cambiato radicalmente la vita sociale e politica dell’Ucraina e non dobbiamo permettere che queste nuove forme di organizzazione sociale vengano distrutte, ma dobbiamo, al contrario, ampliarle.

Un segnale positivo è stato l’ampio sostegno alla richiesta di cancellare il debito estero dell’Ucraina, che ha portato al suo congelamento, e il sostegno dei più grandi sindacati del mondo e dei partiti della sinistra democratica alla richiesta di fornire all’Ucraina armi e di lottare contro le leggi antioperaie.

È giunto il momento di cambiare la politica ucraina. Vogliamo un nuovo partito di massa che rappresenti il lavoro organizzato, i movimenti popolari e democratici uniti intorno a un progetto radicale di trasformazione della società sulla base della liberazione integrale, della proprietà pubblica e della democrazia.

Fino a poco tempo fa, molti nel mondo sottovalutavano l’Ucraina e trascuravano la soggettività del suo popolo. Ora che il paese, in tutta la sua diversità linguistica, etnica e culturale, si è unito in una lotta armata per il diritto di decidere del proprio destino attraverso le proprie forme di auto-organizzazione, è giunto il momento di spiegare alle nostre élite economiche e politiche che non sono loro, ma il popolo del lavoro che costituisce la nazione ucraina a dover decidere come costruire il nostro Paese.

Risoluzione

“Sotsialnyi Rukh” ritiene che le priorità nella lotta per questo debbano essere:

1. Vittoria completa e sicurezza per l’Ucraina

L’esercito russo deve essere sconfitto ora, questo è un prerequisito per lo sviluppo democratico e sociale del nostro Paese e del mondo.

Per preservare l’indipendenza e la democrazia sarà necessario, innanzitutto, sviluppare le proprie capacità di difesa. Su questa base, deve essere costruito un nuovo sistema di sicurezza internazionale per contrastare efficacemente qualsiasi manifestazione di aggressione imperialista nel mondo. L’Ucraina ha bisogno di un programma per ripristinare la produzione industriale e la difesa ad alta intensità scientifica e le industrie correlate.

2. Ricostruzione dell’Ucraina orientata alla società

Le forze neoliberali stanno cercando di imporre la loro visione dell’Ucraina del dopoguerra, un paese che appartiene alle grandi imprese, non al suo popolo, e che non ha né protezione sociale né garanzie. A differenza di ciò, noi crediamo che sia necessario sostenere una ricostruzione che enfatizzi il progressivo sviluppo degli standard di vita della maggioranza della popolazione e delle nostre infrastrutture sociali, fornendo garanzie economiche. La ricostruzione deve essere ecologica, sociale, decentrata e democratica, inclusiva e femminista.

In particolare, è necessaria la nazionalizzazione delle imprese chiave sotto il controllo dei lavoratori e del pubblico. Inoltre, riteniamo fondamentale e sosteniamo l’attuazione di una contabilità aperta in tutte le imprese, indipendentemente dalla proprietà, il coinvolgimento dei lavoratori nella loro gestione, la creazione di organismi e comitati eletti separati per esercitare questo diritto. Gli schemi corrotti di trasferimento offshore dei profitti derivanti dall’esportazione di minerali di ferro, metalli e prodotti agricoli devono essere tassati. In generale, la tassazione deve essere progressiva per finanziare la sfera sociale e lo sviluppo dell’economia. Un altro passo dovrebbe essere l’introduzione di una pianificazione indicativa e diretta per uno sviluppo strutturato, stabile e più completo dell’economia.

Il segreto commerciale deve essere abolito. In Ucraina può esistere solo un tipo di segreti, quelli militari, il cui accesso è regolato dallo stato, mentre tutte le altre informazioni sull’operato di imprese, organizzazioni e agenzie statali dovrebbero essere aperte a tutti i cittadini.

Non meno importante è superare il mobbing e il bullismo sul lavoro, garantire la disponibilità di rifugi per le vittime di violenza domestica, combattere la violenza di genere, lottare per condizioni di vita sicure e stabili per le donne, le persone trans e le persone non binarie, garantire l’uguaglianza nelle forze armate e sul posto di lavoro, rendere più rigorosa la responsabilità per i crimini d’odio e aumentare la rappresentanza di tutti i gruppi sociali nel governo.

3. Democratizzazione sociale

Democratizzazione di tutti i livelli della vita, eliminando l’influenza del denaro e delle grandi imprese sulla politica, aumentando la rappresentanza e l’importanza dei sindacati, delle minoranze nazionali e delle comunità al potere e il loro pieno coinvolgimento nel processo decisionale. I proprietari di capitali e le persone da loro finanziate non possono essere deputati del popolo o ricoprire incarichi nei servizi pubblici e municipali.

La guerra rende necessario limitare alcuni diritti e libertà per proteggere l’indipendenza e la democrazia. Tuttavia, dobbiamo esigere che tali limitazioni siano chiaramente giustificate, in modo che non vengano utilizzate per l’abuso di potere quando non vi è alcuna necessità militare.

I rappresentanti delle comunità locali, in particolare delle unità di difesa territoriale, devono essere direttamente coinvolti nel garantire la sicurezza e l’ordine pubblico, mentre la loro attività deve essere regolata in modo democratico e trasparente nell’interesse pubblico.

Democratizzazione sociale significa anche tutela dei diritti del lavoro secondo i migliori standard esistenti nei paesi europei, limitazione della durata della giornata lavorativa e adozione della legge sull’ispezione del lavoro.

È necessario trasformare le politiche migratorie per facilitare l’accesso alla residenza e impedire un trattamento indegno degli stranieri.

Sono indispensabili alloggi sociali ed efficienti dal punto di vista energetico, la tutela dei diritti degli inquilini, il controllo degli affitti, lo sviluppo delle infrastrutture urbane e la trasformazione ecologica delle città. L’espansione dell’autogoverno nelle città, l’introduzione di elementi di democrazia diretta, lo sviluppo del trasporto pubblico e la limitazione dell’uso di quello privato sono altri passi essenziali da compiere.

Inoltre, lo sviluppo dell’autogoverno degli studenti è fondamentale. Gli studenti dovrebbero essere coinvolti nel processo decisionale delle università e degli altri luoghi di studio e sviluppare una rete di sindacati studenteschi indipendenti.

Altrettanto importante è la conservazione e lo sviluppo del sistema sanitario ucraino. Le riforme basate sulla concorrenza e sui principi di mercato piuttosto che sull’accessibilità e sulla qualità dei servizi devono finire. I finanziamenti devono essere aumentati insieme alla modernizzazione e alla garanzia di salari stabili e dignitosi per i dipendenti del settore. L’accesso ai farmaci deve essere gratuito, la commercializzazione dei farmaci deve cessare.

4. Identità e inclusione

La nuova identità ucraina, che sta nascendo sotto i nostri occhi, è multietnica e multiculturale, perché la maggior parte degli ucraini, che ora difendono il nostro paese, sono almeno bilingui. Il multilinguismo e la diversità della cultura nazionale ucraina devono essere preservati e sviluppati, puntando sul fatto che la lingua ucraina diventi un mezzo universale di scambio e produzione di conoscenza in tutti i settori della vita pubblica, della cultura, della scienza e della tecnologia. L’intero patrimonio culturale dell’umanità non dovrebbe essere disponibile solo in ucraino, ma l’ucraino dovrebbe essere utilizzato per produrre opere avanzate di letteratura e arte, conoscenze scientifiche e tecniche di livello globale.

È necessario garantire lo sviluppo della cultura e della lingua ucraina in tutta la loro diversità, un’ucrainizzazione socialmente orientata, basata su finanziamenti pubblici dignitosi e competenti per l’istruzione, l’editoria, la divulgazione della scienza, i festival, i progetti culturali, il cinema, ecc.

L’influenza della lingua ucraina dovrebbe essere alimentata in tutti i campi del sapere, per evitare che venga soppiantata dalle lingue internazionali più diffuse al mondo. Fortunatamente, l’ucraino non è solo la lingua della nostra storia, ma anche la lingua della scienza moderna, della tecnologia, della produzione e della difesa. La rinascita nazionale dell’Ucraina è impossibile senza lo sviluppo completo di tutte le sfere della vita sociale, comprese quelle della produzione ad alta tecnologia, dell’ingegneria e della ricerca fondamentale.

Certamente, il coinvolgimento delle minoranze nazionali nella politica e la garanzia dei loro diritti culturali, lo sviluppo e la protezione delle culture che hanno un minore numero di proseliti devono essere parte della rinascita nazionale. La lotta per la liberazione e la politica di “corenizzazione” (l’indigenizzazione, la pratica utilizzata nei primissimi anni del potere sovietico di valorizzare le etnie non russe, ndt) per tutte le etnie dell’Ucraina, che comprende il coinvolgimento delle loro comunità negli organi rappresentativi con una reale influenza politica, il finanziamento proporzionale delle istituzioni culturali e lo sviluppo della lingua con una notevole compensazione per la mancanza di uno stato-nazione.

5. Solidarietà internazionale contro l’imperialismo e la catastrofe climatica

Pur essendo il paese più grande del continente europeo, l’Ucraina è gettata alla periferia della politica regionale. Non avendo alcuna influenza sul processo decisionale, è ridotta a un mercato per gli stati europei.

Le crescenti contraddizioni tra i centri di accumulazione del capitale nel sistema capitalistico mondiale non si fermeranno nemmeno dopo la completa distruzione del potere imperialista russo. La sinistra in Europa e nel mondo si è rivelata impotente e disorientata di fronte all’aggressione russa in Ucraina. Se il movimento socialista internazionale non si renderà conto degli errori commessi e non costruirà una nuova cooperazione e un nuovo coordinamento veramente internazionalista, non avremo alcuna possibilità di impedire la crescita della lotta inter-imperialista in futuro.

La catastrofe climatica che si sta svolgendo sotto i nostri occhi richiede un’azione urgente. L’umanità deve mobilitare le risorse per il rifiuto immediato e completo degli idrocarburi. Il rifiuto completo del petrolio e del gas naturale russo deve essere accompagnato dallo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, ma anche dell’energia nucleare, senza la quale l’umanità non può farcela. Tutti i trasporti devono essere convertiti alla trazione elettrica il più rapidamente possibile, ponendo l’accento sullo sviluppo del trasporto pubblico e via cavo, piuttosto che di quello privato e a batteria. È necessario implementare ampiamente i sistemi di riscaldamento elettrico, come le pompe di calore. È necessario ridurre l’uso del legno e adottare misure per la protezione delle foreste.

In generale, i passi necessari includono una revisione radicale del rapporto tra uomo e natura, la regolamentazione ambientale delle imprese, un deciso abbandono dei principi dello sviluppo illimitato a favore di uno sviluppo sostenibile orientato all’ambiente, un finanziamento significativo delle misure volte a migliorare le condizioni dell’ambiente e a combattere la catastrofe climatica.

6. Un mondo libero per la creatività e la conoscenza

L’accesso alla conoscenza deve essere libero e disponibile per tutti. Tutti devono avere le migliori condizioni possibili per imparare e perseguire i propri interessi creativi e di ricerca. Il sistema di privatizzazione dei diritti di proprietà intellettuale deve essere completamente abolito e sostituito da un sistema di autori pubblici, di riconoscimento pubblico e di remunerazione dei creatori piuttosto che di imprenditori che si appropriano di opere altrui. Dovrebbe essere sviluppata un’istruzione di massa di qualità con metodi tradizionali e online e classi di dimensioni ridotte. L’istruzione superiore dovrebbe essere gratuita per tutti. L’istruzione privata dovrebbe essere vietata e si dovrebbero invece motivare gli investimenti nell’istruzione pubblica. È necessario aumentare i finanziamenti, espandere la ricerca e lo sviluppo, soprattutto nelle industrie tecniche e della difesa.

Proteggiamo la vittoria del popolo ucraino dalla sua privatizzazione da parte degli oligarchi!

Ucraina, il diritto di resistere (manifesto femminista)

Noi, femministe dell’Ucraina, chiediamo alle femministe di tutto il mondo di schierarsi in solidarietà con il movimento di resistenza del popolo ucraino contro la guerra predatoria e imperialista scatenata dalla Federazione Russa.

Le narrazioni di guerra spesso ritraggono le donne come vittime. In realtà le donne svolgono anche un ruolo fondamentale nei movimenti di resistenza, sia in prima linea che sul fronte interno: dall’Algeria al Vietnam, dalla Siria alla Palestina, dal Kurdistan all’Ucraina.  Le autrici del manifesto Feminist Resistance Against War negano alle donne ucraine questo diritto alla resistenza che costituisce un atto fondamentale di autodifesa de* oppress*. Al contrario noi consideriamo la solidarietà femminista come una pratica politica di ascolto delle voci di coloro che sono direttamente colpit* dall’aggressione imperialista. La solidarietà femminista deve difendere il loro diritto di determinare autonomamente i loro bisogni, i loro obiettivi politici e le strategie per raggiungerli.

Le femministe ucraine hanno lottato contro la discriminazione sistemica, il patriarcato, il razzismo e lo sfruttamento capitalistico per molto tempo prima del momento attuale. Abbiamo lottato, stiamo lottando e continueremo a lottare sia in tempo di guerra che in tempo di pace.

Tuttavia l’invasione russa ci costringe a concentrare il nostro impegno sullo sforzo di difesa generale della società ucraina: la lotta per la sopravvivenza, per i diritti e le libertà fondamentali, per l’autodeterminazione politica.

Chiediamo una valutazione informata riguardo una situazione specifica invece di un’analisi geopolitica astratta che ignora il contesto storico, sociale e politico. Il pacifismo astratto che condanna tutte le parti che partecipano alla guerra porta nella pratica a soluzioni irresponsabili. Insistiamo sulla differenza essenziale tra la violenza come mezzo di oppressione e quale legittimo strumento di autodifesa.  L’aggressione russa mina le conquiste delle femministe ucraine nella lotta contro l’oppressione politica e sociale. Nei territori occupati l’esercito russo utilizza lo stupro di massa e altre forme di violenza di genere come strategia militare. L’insediamento del regime russo in questi territori comporta la minaccia della criminalizzazione delle persone LGBTIQ+ e della depenalizzazione della violenza domestica. In tutta l’Ucraina il problema della violenza domestica si sta aggravando. La distruzione delle infrastrutture civili, le minacce ambientali, l’inflazione, la penuria e lo spostamento della popolazione mettono a rischio la riproduzione sociale. La guerra intensifica la divisione del lavoro sulla base del genere spostando ulteriormente il lavoro di riproduzione sociale – in condizioni particolarmente difficili e precarie – sulle donne. L’aumento della disoccupazione e l’attacco del governo neoliberista ai diritti del lavoro contribuiscono ad aggravare i problemi sociali. In fuga dalla guerra molte donne sono costrette a lasciare il Paese e si trovano in una posizione vulnerabile a causa delle barriere nell’accesso all’alloggio, alle infrastrutture sociali, a un reddito stabile e ai servizi medici (compresi contraccezione e aborto). Sono anche a rischio di essere vittime di tratta.

Chiediamo alle femministe di tutto il mondo di sostenere la nostra lotta.

Noi rivendichiamo:  

  • il diritto all’autodeterminazione, alla protezione della vita e delle libertà fondamentali e il diritto all’autodifesa (anche armata) per il popolo ucraino – così come per altri popoli – contro l’aggressione imperialista;  
  • una pace giusta basata sull’autodeterminazione del popolo ucraino, sia nei territori controllati dall’Ucraina che in quelli temporaneamente occupati, in cui si tenga conto degli interessi dei lavoratori, delle donne, delle persone LGBTIQ+, delle minoranze etniche e di altri gruppi oppressi e discriminati; 
  • giustizia internazionale per i crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante le guerre imperialiste della Federazione Russa e di altri Paesi;  
  • garanzie di sicurezza effettive per l’Ucraina e meccanismi efficaci per prevenire ulteriori guerre, aggressioni, escalation di conflitti nella regione e nel mondo;  
  • libertà di movimento, protezione e sicurezza sociale per tutt* l* rifugiat* e sfollat* intern* di qualsiasi origine;  
  • protezione ed espansione dei diritti del lavoro, opposizione allo sfruttamento e al supersfruttamento e democratizzazione delle relazioni industriali;  
  • priorità alla sfera della riproduzione sociale (asili, scuole, istituzioni mediche, assistenza sociale, ecc.) nella ricostruzione dell’Ucraina dopo la guerra;  
  • cancellazione del debito estero dell’Ucraina (e di altri Paesi della periferia globale) per  finanziare la ricostruzione postbellica e prevenzione di ulteriori politiche di austerità;  
  • protezione contro la violenza di genere e garanzia dell’effettiva attuazione della Convenzione di Istanbul;  
  • rispetto dei diritti delle persone LGBTIQ+, delle minoranze nazionali, delle persone con disabilità e di altri gruppi discriminati;  
  • garantire i diritti riproduttivi delle ragazze e delle donne, compresi i diritti universali all’educazione sessuale, ai servizi medici, ai farmaci, alla contraccezione e all’aborto;  
  • garantire la visibilità e il riconoscimento del ruolo attivo delle donne nella lotta antimperialista;  
  • l’inclusione delle donne in tutti i processi sociali e decisionali, sia in tempo di guerra che in tempo di pace, in condizioni di parità con gli uomini.  

Oggi l’imperialismo russo minaccia l’esistenza della società ucraina e colpisce il mondo intero. La nostra lotta comune contro di esso richiede principi condivisi e sostegno globale. Facciamo appello alla solidarietà e all’azione femminista per proteggere le vite umane, i diritti, la giustizia sociale, la libertà e la sicurezza.  Noi sosteniamo il diritto di resistere.  

Se la società ucraina depone le armi, non ci sarà più la società ucraina. Se la Russia depone le armi, non ci sarà più la guerra.  

Per sostenere questo manifesto, potete firmarlo qui.