Tunisia, verso un ritorno alla dittatura

di S. Mousakaran, da internationalviewpoint.org

Eletto nel 2019, Kaïs Saïed è salito al potere in un momento cruciale di stanchezza collettiva e di assenza di un’alternativa politica. Ex docente universitario che non aveva mai ricoperto alcuna carica politica, ha mobilitato attorno a sé un discorso populista sulle forze rivoluzionarie e sulla volontà popolare, di cui sarebbe stato l’unico e solo depositario, screditando così tutti i corpi intermedi – sindacati, media, associazioni e società civile.

Concentrazione del potere

Il 25 luglio 2021 ha avviato una ristrutturazione giuridica con la promulgazione di una nuova Costituzione che concentra i principali poteri nelle mani del presidente. Ha attaccato gli organi democratici e i controlli e contrappesi creati dalla Costituzione post-rivoluzionaria del 2014.

È stata quindi lanciata una vera e propria caccia agli oppositori, che ha preso di mira oppositori politici, giudici, giornalisti, sindacalisti, associazioni e attori della società civile e, più in generale, qualsiasi persona o struttura critica nei confronti della nuova leadership politica.

In questo contesto, Kaïs Saïed utilizza i concetti di traditori della nazione o addirittura di “mercenari” che “minerebbero lo stato in nome della libertà di espressione”.

Criminalizzato l’aiuto ai migranti

Per ottenere il sostegno popolare, ha designato le associazioni che aiutano i migranti come il vero nemico interno, in un momento in cui la Tunisia, punto di transito per l’Europa, sta vivendo un enorme afflusso di migranti.

In realtà, la società civile nel suo complesso è minacciata. Gli attivisti denunciano pratiche e umiliazioni che non si vedevano dai tempi di Ben Ali, con il ritorno di una maggiore sorveglianza, irruzioni della polizia nei locali, molestie telefoniche e casi di oscuri “finanziamenti stranieri”, una vera e propria ossessione di Kaïs Saïed.

L’arresto, il 6 maggio 2024, dell’attivista antirazzista Saadia Mosbah è l’ultima tappa della criminalizzazione del lavoro delle associazioni.

La nuova ondata di arresti di avvocati e giornalisti in Tunisia dall’11 maggio sembra essere la logica continuazione di questo ritorno alla dittatura, con Kaïs Saïed che attacca gli ultimi baluardi della libertà.

Clima di paura

I governi europei non sono estranei a questa grave svolta autoritaria. Sebbene diversi funzionari abbiano espresso “preoccupazione”, resta il fatto che l’Unione Europea è perfettamente a suo agio con il nuovo regime, al quale ha affidato il compito di esternalizzare le frontiere e di gestire i migranti prima del loro arrivo in Europa, proprio come avveniva con il regime di Ben Ali.

Le analogie tra i due regimi sono tristemente confermate. L’arresto dell’avvocato Mehdi Zagrouba, dopo quello di Sonia Dahmani, ha riacceso un trauma: la tortura. Mehdi Zagrouba ha dichiarato di essere stato torturato da agenti di polizia poco prima della sua comparsa davanti al giudice, causandogli vomito e svenimento durante l’udienza.

A più di dieci anni dalla rivoluzione, è tornato un clima di paura in Tunisia, dove la libertà di espressione sembrava solo pochi anni fa l’unica conquista.

Ciononostante, si stanno organizzando mobilitazioni e manifestazioni per chiedere una data fissa per le elezioni presidenziali che si terranno nei prossimi mesi. Non è ancora stata fissata una scadenza, mentre il mandato presidenziale sta per concludersi.

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