di Fabrizio Burattini
Cosa sta accadendo in Russia? Prigozhin, il fondatore e leader indiscusso della formazione paramilitare della Wagner, marcia alla testa delle sue truppe e sostiene di controllare la città di Rostov e i suoi siti militari. Ha definito la sua operazione una “marcia per la giustizia” contro il ministero della Difesa russo, accusato di aver bombardato le basi della sua brigata di mercenari.
Ha negato di voler organizzare un “colpo di stato”, ma ha affermato la volontà di “liberare il popolo russo”. Secondo lui, il ministero della Difesa avrebbe “ingannato Putin” per fargli iniziare la guerra a vantaggio del suo apparato e degli oligarchi legati a quel ministero e si è reso così responsabile della morte di decine di migliaia di uomini.
Secondo lui, la minaccia nazista ucraina non è mai esistita (checché ne dicano i nostri Santoro & co.), e nemmeno quella della NATO. Si sarebbe trattato solo di propaganda del ministero della Difesa e dell’FSB per riuscire a mettere le mani sulle ricchezze dell’Ucraina, con il sostegno degli oligarchi e insediando un governo fantoccio a Kiev. Prigozhin sostiene che decine di migliaia di soldati russi sono morti per questo.
Il servizio segreto FSB accusa Prigozhin di aver pugnalato alle spalle la cosiddetta “operazione militare speciale”, mentre la procura generale lo processa per ammutinamento.
Naturalmente, l’Ucraina si rallegra del fatto che i lupi si stiano azzannando a vicenda.
Gli oppositori russi liberali chiedono il sostegno di Prigozhin per rovesciare Putin.
Ma è davvero questa la posta in gioco? Se la Wagner esiste è solo perché Putin ne ha consentito la creazione. La brigata mercenaria ha combattuto fino all’altroieri al fianco dell’esercito russo o in sua vece. L’esercito russo, fino all’altroieri, le ha fornito tutto l’equipaggiamento.
Dunque, chi sta muovendo i fili di questo conflitto “intestino”?
Perché la ribellione di Prigozhin? E’ solo un suo azzardo avventato? E che impatto avrà sulla guerra?
Tutto ciò manifesta in modo inequivocabile il verminaio da cui è retta la Federazione russa, un regime totalmente opaco che qualcuno, anche qui in Italia, si affanna a considerare un attore positivo verso un “mondo multipolare”.
Naturalmente il voltafaccia di Prigozhin non lo trasforma in un pacifista o né in un amico del popolo ucraino. E’ e resta un macellaio.
Ma la cosa più intollerabile per Putin è proprio che l’ultranazionalista Prigozhin (e non un pacifista o un oppositore) sta dicendo al popolo russo che è stato ingannato dall’inizio alla fine per condurre una guerra di rapina di cui sta pagando il prezzo.
Yevgeny Prigozhin ha sbugiardato Putin (e en passant anche tanti “pacifisti per procura” nostrani) smontando tutti i pretesti accampati per giustificare l’operazione militare speciale, affermando che l’Ucraina si era accontentata di colpire solo le posizioni militari russe nel Donbass dal 2014 e che nel 2022 Kiev non aveva “alcuna intenzione di attaccare la Russia con l’aiuto della NATO”.
Ora l’aviazione russa sta bombardando i rifornimenti di carburante sulla strada tra Rostov e Mosca per privare i ribelli dei mezzi necessari per avanzare troppo rapidamente verso la capitale. La questione è tremendamente seria ed è molto significativo vedere la guerra trasposta sul suolo russo.
Resta chiaro che il popolo russo non ha nulla da guadagnare da Prigozhin, ma l’inutilità della guerra in Ucraina sta finalmente diventando plateale di fronte all’opinione pubblica.
Secondo il Financial Times di oggi, Putin, nel suo discorso odierno (qui il discorso tradotto su Youtube), ha paragonato la ribellione di Prigozhin alla “Rivoluzione russa dell’ottobre 1917”, affermando che, all’epoca, “i litigi e i giochi politici alle spalle dell’esercito e del popolo si conclusero con un enorme crollo, la distruzione dell’esercito, la caduta dello stato, la perdita di enormi territori e, alla fine, la tragedia della guerra civile. Non permetteremo che questo accada di nuovo”.
Si tratta di un paragone spudorato e ridicolo, ma indica che Putin teme un crollo del suo regime, che sarebbe anche un crollo del suo progetto di ricostruzione dell’impero russo