Il blog “Il refrattario” ha voluto e vuole ricordare con forza la vicenda cilena di 50 anni fa. Essa ebbe un’importanza del tutto eccezionale in un subcontinente, l’America Latina, che in quel periodo era segnato da un contesto di lotte molto importanti: in Argentina (dove la sinistra rivoluzionaria stava mettendo a frutto la crisi del populismo peronista), in Bolivia (paese tradizionalmente segnato dalle lotte della classe operaia delle miniere), nel Perù (con il grande risveglio contadino e popolare) e nell’Uruguay (dove la guerrilla tupamara e l’ascesa operaia e sindacale si confrontava con le aspirazioni golpiste della classe dominante).
Nel Cile, tra il 1970 e il 1973 si è prodotta una grande prova della forza della classe operaia e dei suoi alleati, le classi povere urbane e rurali e alcuni settori delle classi medie. Mai, in precedenza i lavoratori cileni avevano lottato così duramente, con tanta forza e con tanta radicalità.
Fin dall’insediamento del governo Allende, l’imperialismo statunitense ha cospirato per rovesciarlo. Questa comprovata verità non va mai rimossa perché occorre tenere presente che un pericolo analogo grava anche su qualunque processo di lotta che si sviluppi ora e in futuro nel cosiddetto “cortile di casa” degli USA.
Il governo di Unità Popolare è stato il punto culminante di quasi un secolo di lotte in un paese nel quale l’organizzazione politica dei lavoratori era forte e radicata con il Partito Socialista e il Partito Comunista, che, insieme al resto della sinistra, contavano oltre 300.000 militanti.
Durante quelle lotte anche la Democrazia Cristiana conobbe il distacco da essa di importanti organizzazioni di sinistra e di estrema sinistra come il Movimiento de Acción Popular Unitaria (il MAPU), la Izquierda Cristiana e i Cristiani per il Socialismo.
Il primo anno del governo di sinistra vide grandi progressi, sia in campo sociale sia nella riappropriazione delle ricchezze naturali e nella nazionalizzazione delle imprese monopolistiche, la classe operaia voleva di più di quanto il governo fosse disposto a decidere. I lavoratori volevano andare ben al di là dei limiti più che mai evidenti del programma di UP.
Dall’altra parte, l’opposizione di destra iniziò a contestarlo direttamente, con ripetute serrate dei trasporti, nel 1972 la serrata si prolungò per quasi un mese. La reazione delle masse fu estremamente forte e sconfisse lo sciopero padronale, apertamente finanziato dall’imperialismo statunitense e dalla grande borghesia cilena.
I limiti di Unidad Popular, messi di fronte alla pressione dal basso, erano sempre più evidenti. Il governo non fu all’altezza delle speranze che aveva suscitato. I partiti della sinistra, in particolare il PC, iniziarono a cercare una soluzione di “conciliazione” con la pressione della destra e i comandanti delle forze armate vennero chiamati a far parte del governo. Fu come chiamare in casa gli assassini. Questa grave scelta permise alle forze di destra di riprendersi dalla sconfitta che avevano subito nella serrata.
L’elemento più critico fu l’idea, sostenuta soprattutto dal gruppo dirigente del Partido Comunista, di fare irresponsabilmente affidamento sulla presunta “lealtà” costituzionale e sul presunto “carattere professionale” delle forze armate, evitando accuratamente di sostenere i fermenti di sinistra che avevano cominciato a manifestarsi tra i soldati di base dell’esercito, della marina e dell’aviazione.
L’esito di queste scelte fu terribile e drammatico. Ancora oggi le immagini dell’aviazione cilena che bombarda il palazzo presidenziale fanno inorridire su quello che fu l’inizio della sanguinosa dittatura che uccise più di 3.000 persone, compresi tanti esuli latinoamericani scappati dalle altre dittature e che avevano trovato rifugio nel Cile che era divenuto “l’asilo contro l’oppressione”.
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Un momento di un’iniziativa svolatsi a Santiago negli scorsi giorni tra ex profughi brasiliani presenti in Cile al momento del golpe |
Erano più di 3.000 i brasiliani in esilio in Cile, alcuni dei quali furono arrestati, torturati e uccisi, come
Tulio Quintiliano. Proprio in questa ricorrenza del cinquantenario molti ex esuli brasiliani e di altri paesi latinoamericani che vissero l’esperienza dell’11 settembre 1973 si sono ritrovati in Cile per ricordare e commemorare quelle vicende.
Dopo quel golpe, peraltro, si sviluppò un’ondata di dittature militari in tutta l’America del Sud, con la famigerata “Operazione Condor”: in ordine cronologico, in Bolivia, Uruguay, Cile, Perù e Argentina (il Brasile era governato da una dittatura militare fin dal 1964), la reazione borghese e imperialista assassinò decine di migliaia di militanti di sinistra.
Nei decenni successivi, in tutti questi paesi le libertà democratiche sono state riconquistate e, da questo, le lotte operaie hanno tratto forza e incoraggiamento, ma dovunque stanno riemergendo correnti neofasciste.
E la cosa ci impone di guardare con grande attenzione alla lezione dell’esperienza cilena.