Francia, la criminalizzazione della solidarietà

Comunicato del Nouveau Parti Anticapitaliste

Dall’inizio dell’offensiva a Gaza, dieci giorni fa, il governo macronista ha scatenato un’offensiva senza precedenti contro i diritti e le libertà pubbliche, per impedire che la solidarietà con il popolo palestinese si esprima… Fino a che punto si spingerà?

Divieti di manifestazione, minacce legali contro organizzazioni e individui, amalgama di ogni tipo… Il ministro dell’Interno Darmanin e il ministro della Giusizia Dupont-Moretti stanno mettendo in campo un arsenale che, qualche anno fa, faceva ancora parte delle proposte avanzate solo dall’estrema destra.

Nessun divieto

Giovedì scorso, a differenza di tutti gli altri paesi occidentali in cui hanno potuto svolgersi, Darmanin ha formalizzato il divieto di tutte le manifestazioni o raduni “pro-palestinesi” perché presumibilmente “suscettibili di generare disordine pubblico”

Queste misure repressive sono state giustamente condannate da gruppi per i diritti umani come Amnesty, che le ha definite un “attacco grave e sproporzionato al diritto di manifestare”

Darmanin è arrivato persino a essere criticato da Antonio Tajni, il capo della diplomazia italiana, peraltro molto schierato a destra: “vietare le manifestazioni in un paese democratico quando non sono violente non mi sembra giusto”. Tanto che il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sulla questione, dovrà esprimersi.

Si tratta di un punto di svolta in termini di repressione: la libertà di espressione e di discussione viene qui minata, vietando l’espressione di qualsiasi pensiero politico che non sia il semplice allineamento al “sostegno incondizionato” allo stato di Israele che da una decina di giorni ha preso il posto di una linea diplomatica per i macronisti.

Criminalizzazione

Questa determinazione a impedire qualsiasi espressione pubblica di massa di solidarietà con il popolo palestinese, comprese le richieste di cessate il fuoco o di pace, è accompagnata da gravi minacce contro organizzazioni e individui.

Martedì 10 ottobre, in un contesto mediatico-politico asfissiante, Darmanin ha annunciato in televisione la richiesta di aprire un’indagine contro l’NPA per “apologia del terrorismo”… 

Qualche giorno dopo, sempre basandosi sulle stesse disposizioni del codice penale, Gérald Darmanin ha annunciato di aver “redatto undici articoli 40” (cioè la segnalazione di “delitti potenziali e imminenti”) riguardanti associazioni e persone. 

Martedì mattina, la deputata Danièle Obono (deputata della France Insoumise di origine gabonese, “altermondialista, afrofemminista, antimperialista, antirazzista, antiliberale, anti-islamofobica e panafricanista, ex militante della LCR-NPA, ndt) è stata addirittura accusata di “apologia del terrorismo” e Darmanin ha annunciato su un social network di aver deferito la questione al pubblico ministero. 

Queste tattiche di pressione giudiziaria potrebbero aprire la strada a un possibile scioglimento delle organizzazioni, se lasciate senza controllo.

E nell’arena mediatica senza freni, diventa impossibile formulare un minimo di pensiero complesso sulle cause, i lati positivi e negativi di una situazione di conflitto vecchia di 75 anni, a partire dall’attuale situazione coloniale che il popolo palestinese sta sopportando. 

Resterebbe solo la denuncia morale.

Più solidarietà che mai!

In un contesto difficile, segnato dalla guerra in Medio Oriente – dove all’uccisione di civili da parte di Hamas seguono crimini di guerra da parte dello stato israeliano – e dagli spaventosi omicidi di Arras e Bruxelles, questo governo è irresponsabile. 

Attuando le misure più repressive, sta cercando di proibire l’espressione della solidarietà e persino di impedire qualsiasi pensiero che cerchi di comprendere (senza scusare) l’attuale situazione in Medio Oriente. Per il bene del popolo palestinese, minacciato dalla catastrofe in corso nella Striscia di Gaza, e per il bene delle nostre libertà qui, non possiamo permettere che questo accada.

Finora nessun divieto è riuscito a impedire lo svolgimento delle manifestazioni, ma solo a creare le condizioni per la repressione e a giocare sulle paure per inculcare l’idea di non partecipare. Per fare solo un esempio, dall’altra parte della Manica, sabato scorso a Londra si è svolta una grande manifestazione, autorizzata.

Nei prossimi giorni, più che mai, le manifestazioni di piazza a sostegno del popolo palestinese e della sua legittima lotta per i propri diritti dovranno svolgersi nella più ampia unità possibile. In un momento in cui lo sfollamento forzato – e criminale – di un milione di persone nella Striscia di Gaza viene denunciato, anche dalle organizzazioni umanitarie, è una questione di solidarietà di base con l’umanità.

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