Elezioni europee, un voto “di scopo”

di Andrea Martini

Lo sappiamo, la lista Alleanza Verdi Sinistra-AVS di Bonelli e Fratoianni, da sempre ha assunto il ruolo di fornire una “copertura a sinistra” al liberalismo del partito democratico e un sostegno politico alla linea tardoconcertativa del gruppo dirigente della CGIL. Lo hanno fatto separatamente e in maniera complessa e contraddittoria le due componenti poi confluite in AVS (Sinistra Italiana e Verdi) durante la stagione “renziana” del PD, lo hanno fatto apertamente anche in quel periodo nelle amministrazioni locali, e hanno ripreso a farlo, ora unite in un’unica sigla, negli ultimi tempi, dopo la vittoria della destra, nella più comoda posizione di opposizione e all’ombra del corso più di sinistra del PD di Elly Schlein.

E, d’altra parte, il programma elettorale per le europee di AVS non si discosta da questa prospettiva, elencando una lunga serie di obiettivi in materia di ambiente, di diritti civili e sociali, di lavoro, di fiscalità, di immigrazione, in genere largamente condivisibili, ma tutti indicati nel quadro di una utopistica “Europa oltre il mercato”, fingendo di ignorare la natura irrimediabilmente liberista dell’Unione europea e di tutte le sue istituzioni.

La lista Pace Terra Dignità

Negli ultimi tempi, il giornalista di lungo corso Michele Santoro, ha portato a termine il progetto che da tempo accarezzava: costruire una proposta elettorale (Pace Terra Dignità-PTD) per le europee incentrata sulla parola “Pace”. Quando il progetto è nato, i media stavano concentrando l’attenzione dell’opinione pubblica sulla guerra in Ucraina, scoppiata nel febbraio 2022 ma in realtà in corso già da tempo, fin dal 2014, seppure come “conflitto di bassa intensità”, quando il regime del Cremlino non aveva digerito la svolta “europeista” del vicino paese e aveva dato il via a una crescente e aggressiva pressione armata costruendo il pretesto della difesa dell’autodeterminazione delle minoranze russofone e procedendo, manu militari, all’annessione della Crimea.

Gli stessi Stati Uniti sono stati colti di sorpresa dall’iniziativa putiniana. L’amministrazione di Washington stava ancora leccandosi le ferite dell’ennesima débâcle militare di sei mesi prima in Afghanistan; la NATO, come strumento utile per tenere sotto controllo gli alleati europei, conosceva una profonda crisi di ruolo e di credibilità; e l’attenzione della classe dominante americana era concentrata sulla competizione economica e geopolitica con la Cina di Xi Jinping, una competizione contraddittoria perché l’ipotesi di uno scontro militare USA-Cina risultava difficilmente praticabile vista l’estremo intreccio economico che si era creato nei mercati e nel mondo durante il trentennio della “globalizzazione felice”.

Santoro e tanti altri (compreso papa Francesco) giustificarono e continuano a giustificare l’aggressione putiniana come risposta all’ “espansionismo della NATO”. In realtà, la prima reazione di Biden e del suo governo invece fu quella di abbandonare l’Ucraina al suo destino, anche e soprattutto perché quel conflitto rischiava, come poi accadde effettivamente, di inasprire i rapporti internazionali e di consolidare un blocco “antioccidentale” di cui la Cina non poteva che essere il perno.

Solo successivamente, vista la irriducibilità della resistenza popolare ucraina, gli USA e l’Occidente si decisero a patrocinare la difesa dell’indipendenza ucraina, anche se con molte incertezze. Incertezze che la possibile rielezione di Trump alla Casa Bianca non farà che incrementare.

Le conseguenze dell’iniziativa di Putin furono perciò quelle della riapertura di una nuova stagione di guerre, del ridare una nuova funzione alla NATO e di rilanciarne l’espansione (con l’adesione dei Svezia e Finlandia, sulla pelle della resistenza curda), e, indirettamente, di creare un contesto favorevole per la rappresaglia genocida e per la pulizia etnica di Netanyahu a Gaza.

Un “pacifismo” qualunquistico

L’obiettivo di Santoro era chiaro fin dall’inizio, quello di cercare di offrire una sponda a quel diffuso malcontento di ampi settori dell’opinione pubblica irritati dalle conseguenze vere o immaginarie dello schierarsi dell’Occidente e dell’Italia a fianco della resistenza ucraina: l’aumento dei costi energetici (dimenticando i superprofitti delle multinazionali occidentali del petrolio), più in generale la crescita dei prezzi (la cui dinamica era iniziata ben prima del febbraio 2022), la fine del facoltoso turismo degli oligarchi russi in Italia, ecc.

Si tratta di un malcontento qualunquistico e interclassista a cui non a caso strizzava l’occhio anche il putinismo del non compianto Berlusconi e a cui guarda anche il putinismo strisciante di Salvini. Un malcontento, appunto qualunquistico e interclassista, abusivamente definito come “pacifismo”, ma che in vero è la ricerca di una “pace” che, come cantava Paolo Pietrangeli, è auspicata dalla “gente per bene … per fare quello che voi volete”.

Non a caso, obiettivo centrale del programma della “lista Santoro” è “cessare l’invio di armi all’Ucraina”, disconoscendo di ogni valore la resistenza ucraina, considerata solo come uno strumento teleguidato dall’Occidente in chiave antirussa. E, non a caso, quella lista schiera dei candidati tutt’altro che “pacifisti”, ex leghisti o comunque espressamente e sguaiatamente schierati a favore di Putin, del suo regime e della sua guerra, come Nicolai Lilin e Fiammetta Cucurnia.

Una lista “percepita come di sinistra”?

Ma mi si diceva, nella discussione a cui facevo riferimento all’inizio, che la lista PTD, pur rifiutando una sua collocazione “a sinistra”, sarebbe “percepita come una lista di sinistra”. E a riprova di ciò si portava la presenza di candidati indicati dal Partito della Rifondazione comunista, tra i quali lo stesso segretario nazionale Maurizio Acerbo

Santoro, infatti, soprattutto dopo che con un colpo di mano parlamentare la sua lista si era vista costretta a sottostare alla regola della raccolta di 100.000 firme, aveva accettato l’inclusione nella sua compagine del PRC (e dunque della sua struttura organizzativa che ha poi consentito la raccolta delle firme), accogliendo alcuni suoi esponenti nelle liste (ma mai in posizione di capolista) e evidentemente facendogli anche qualche concessione nella redazione del programma.

Ma il programma resta un collage di ambiguità e di contraddizioni, nel quale la “difesa del diritto degli israeliani a vivere in pace e in sicurezza” si combina con la denuncia del genocidio a Gaza e nel quale la denuncia di “ogni guerra come genocidio” e la riaffermazione di un non meglio specificato “diritto di difesa” si combina con la richiesta di privare la resistenza ucraina di ogni arma capace di opporsi alla straordinaria superiorità militare e tecnologica della Russia.

La vita della sinistra è sempre stata turbata dalle false percezioni e dalla necessità di chiarire che cosa fosse “di sinistra” e ciò che in qualche modo lo apparisse solo, anche grazie ai ritardi e alle pigrizie politiche dei partiti della sinistra. Solo per citare alcuni casi, ben più apprezzabili di PTD, il Partito radicale di Pannella ha lungamente sottratto consensi alla sinistra conducendo importanti battaglie civili, i primi Verdi, quelli di Pecoraro Scanio, hanno usufruito delle insensibilità della sinistra sull’ambientalismo, il Movimento grillino ha approfittato della crisi della sinistra negli ultimi due decenni. 

Il compito di una sinistra “vera” non è perciò quello di adeguarsi a quella falsa percezione ma anzi di combatterla.

E’ in particolare quel che dovremmo fare dell’operazione Santoro e del miope imbroglio fatto dal gruppo dirigente del PRC, nell’illusione di riuscire così a ritrovare la strada di una qualche presenza istituzionale, con la conseguenza di mettere definitivamente in crisi la già fragilissima esperienza di Unione popolare e di affidare i propri destini a un nuovo esponente della “società civile”, Santoro, dopo le fallimentari esperienze con Antonio Ingroia e con Luigi De Magistris.

Un voto di scopo per una presenza antifascista e antirazzista

Dunque, dobbiamo affermarlo con forza: nessuna delle liste presenti può in quanto tale rappresentare un valido e anche solo parziale punto di riferimento per la classe lavoratrice e per i suoi interessi. E, com’è già avvenuto nel corso delle elezioni politiche del 2022, questa assenza di punti di riferimento di classe e di sinistra può confermare e perfino incrementare l’astensionismo e la disaffezione al voto, a tutto vantaggio dei postfascisti e delle destre demagogiche. 

Viviamo perciò una stridente contraddizione. Non possiamo sostenere convintamente nessuna lista, ma non possiamo neanche, con un’atteggiamento astensionista, lasciare ulteriore spazio alle destre, alla loro propaganda, alle loro ideologie reazionarie e a tutti i luoghi comuni del razzismo bianco, maschile, omofobo, che perpetua l’oppressione delle donne ed è avverso ai diritti della comunità LGBTQIA+.

Per questo per l’imminente voto dell’8 e 9 giugno si può e si deve dare un’indicazione di voto “di scopo”, come espressione di un’esplicita scelta antifascista e antirazzista, per l’elezione nel parlamento europeo di Ilaria Salis, detenuta per “antifascismo” nelle carceri di Orban, amico e alleato del governo Meloni, e di Mimmo Lucano, simbolico protagonista dell’accoglienza dei migranti nel nostro paese, già vittima di una montatura giudiziaria sulla sua gestione in quanto sindaco di Riace.

Naturalmente, questa proposta di voto di scopo punta solo a far eleggere Ilaria e Mimmo al parlamento della UE, come presenze di rottura e come indicazione di unità di lotta antifascista e antirazzista radicale e non rappresenta affatto un sostegno politico alla lista AVS che li ha presentati come candidati, lista per la quale vanno ribadite e riconfermate tutte le generali critiche politiche e programmatiche tante volte già espresse.

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