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Francia, sempre più teso il confronto tra Mélenchon e il PCF


Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei


di Fabrizio Burattini


Forse non è noto a tutte/i, ma il riferimento francese del Partito della Rifondazione comunista non è “La France Insoumise” di Jean-Luc Mélenchon che del “Partito della Sinistra Europea” è solo “osservatore”, ma è il Partito Comunista Francese, che ne è ufficialmente membro.


Allora facciamo un po’ di chiarezza.


Fabien Roussel

E’ di dominio pubblico la tensione che regna da anni tra il partito di Mélenchon e il PCF diretto dal segretario Fabien Roussel e che si è acuita dopo il successo del primo nelle elezioni presidenziali di aprile 2022 (21,95%) e il magro risultato raccolto dal secondo (2,28%).

Tanto più se si tiene conto che una presentazione unitaria avrebbe consentito a Mélenchon di scavalcare Marine Le Pen (23,15%) estromettendola dal ballottaggio.


Ma la tensione non si basa solo su quell’occasione mancata. Roussel non digerisce il fatto che la crisi verticale del Partito socialista francese e la sua quasi sparizione sia stata capitalizzata dalla France Insoumise e non dal suo partito. Così, la presa di distanza del PCF da Mélenchon e dal resto della sinistra è diventata il tratto distintivo della politica dei comunisti d’Oltralpe da qualche tempo in qua.


Già durante il grande movimento sindacale e di massa contro la riforma delle pensioni il PCF aveva duramente stigmatizzato quei manifestanti giovani e non solo che reagivano duramente alle cariche della polizia. Si era dissociato dalle importanti manifestazioni spontanee che si sono prodotte quando il presidente Macron ha deciso di ignorare la volontà della stragrande maggioranza dei cittadini e ha fatto adottare per decreto e senza votazione parlamentare la controriforma previdenziale.


In questi giorni, la sinistra nella sua quasi totalità sta costruendo la manifestazione del 23 settembre (appuntamento ore 14,30 dalla Gare du Nord fino alla Bastiglia) contro la violenza della polizia, il razzismo sistemico e per le libertà civili, a cui hanno aderito 160 organizzazioni (tra le quali LFI e il NPA, la CGT, FSU e SUD-Solidaires) ma dalla quale il PCF ha preso le distanze negando la sua adesione. Solo un paio di federazioni giovanili del PCF (delle Bouches du Rhône e della Loira) hanno formalmente aderito.

Il leader del PCF Fabien Roussel ha dichiarato: “Non parteciperò perché non me la sento di manifestare contro la polizia”; ha ammesso, bontà sua, dopo le decine di omicidi, spesso a sangue freddo, perpetrati da agenti contro giovani delle periferie, che “il razzismo esiste tra gli agenti di polizia, ma questa manifestazione sta prendendo una piega che non condivido, ed è per questo che non sarò presente”.


E non basta la questione della polizia a creare un fossato crescente tra il PCF e il resto della sinistra francese. Il segretario del PCF, senza considerare il clima islamofobico che il presidente e l’estrema destra stanno creando da tempo nel paese, ha espresso il suo assenso verso la decisione del governo Macron di vietare alle ragazze di indossare il velo nelle scuole.


Come se non bastasse, il segretario del PCF ha rilanciato la posizione del partito (tradizionale, ma messa in secondo piano negli ultimi anni) favorevole all’energia nucleare. “Il nucleare”, secondo lui, “fa risparmiare, è la questione centrale della ricostruzione della Francia, della nostra industria e della nostra lotta per un clima migliore”.


Per evitare di apparire inerte e filogovernativo, Roussel in alternativa alla manifestazione del 23 ha affermato di voler dare voce alla “rabbia dei francesi” e ha lanciato la proposta di “assediare le prefetture” in tutto il paese. Alle critiche di Jean-Luc Mélenchon, per un’iniziativa che ha ironicamente definito “violenta” e “personale”, visto che non è stata “discussa da nessuna parte, nemmeno nel PCF”, Fabien Roussel, altrettanto ironicamente, si è chiesto se Mélenchon fosse diventato “moderato politicamente” oppure si fosse “rammollito in testa”, alludendo evidentemente all’età del leader di LFI (72 anni).


Tanto che l’eurodeputata verde di EELV, presente al dibattito nel quale Roussel si è espresso così, ha dovuto commentare: “Si è fatto prendere un po’ la mano”.


Naturalmente Roussel (54 anni), che è molto più giovane di Mélenchon, guarda lontano, conoscendo le debolezze e le fratture interne alla NUPES e alla stessa LFI e constatando che, almeno per il momento, all’interno di quella formazione non emerge nessuna figura di ricambio per una leadership che difficilmente potrebbe ricandidarsi nelle presidenziali del 2027 quando Mélenchon avrà 76 anni.


Nelle sue dichiarazioni di qualche giorno fa al quotidiano Libération, Roussel ha detto: “È una questione di progetto per la Francia. Se mi trovassi ad affrontare Marine Le Pen al secondo turno, penso addirittura di poter essere in vantaggio… Forse alcuni elettori di destra voterebbero per me. Cosa che non farebbero con un Insoumis”.

Ecco, questo è il “partito fratello” di Rifondazione in Francia. Il PRC si appresta nel fine settimana (21-24 settembre) a tenere la sua festa nazionale a Bologna (Parco Cevenini, Via Domenico Biancolelli, Borgo Panigale). Chiedo e mi chiedo: “Che ne pensano i militanti e i dirigenti del PRC di queste posizioni del loro omologo transalpino?”.