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Autonomia differenziata, i devastanti effetti di una legge

di Fabrizio Burattini

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Roma, all'Albertelli la democrazia alla prova


di Fabrizio Burattini


A Roma, nei pressi di Santa Maria Maggiore, da quasi un secolo e mezzo, esiste un liceo classico storico, che originariamente era intestato al re Umberto primo, ma che poi, dopo la Seconda guerra mondiale, venne intitolato a Pilo Albertelli, uno dei 335 detenuti politici, ebrei o semplici sospetti, che il questore fascista Pietro Caruso scelse e consegnò agli alleati nazisti perché fossero trucidati alle Fosse Ardeatine.


Questo liceo è tornato alle cronache cittadine in questi giorni perché vi si è aperto un confronto-scontro sull’utilizzazione dei fondi (quasi 300.000 euro) che il PNRR destina a quell’istituto romano nell’ambito del piano “Scuola 4.0”, definito l’anno scorso dal MIUR sotto la guida dell’allora ministro Patrizio Bianchi e oggi cavalcato dal nuovo ministro Giuseppe Valditara.


Il finanziamento è destinato dal PNRR a far sì che le istituzioni scolastiche siano “luoghi di apprendimento altamente digitalizzati e innovativi, sia nella didattica sia nella gestione”, e a trasformare “le tradizionali classi in laboratori per le professioni digitali del futuro”


Il progetto, alla faccia dell’autarchia linguistica del presidente della camera dei deputati Fabio Rampelli, parla di “labs”, “Info Bibliolab”, “webradio”, “digital graphics”, “videomaking”, “graphic novel”, “immersive interactive navigation”, “ICDL” e “ICT”, strumentazioni “digital board”, “tablet”, per un utilizzazione “professionale ma al contempo accattivante e ludica”


Il progetto millanta che attraverso queste dotazioni si attiverà “una didattica personalizzata che permetterà agli alunni deboli di recuperare al meglio le abilità di base e agli alunni eccellenti di raggiungere nuovi traguardi”.


Nonostante l’evidente grande impatto che questo progetto avrebbe sull’impostazione didattica, il preside, Antonio Volpe, come è ormai uso corrente da parte di gran parte dei dirigenti scolastici, in barba alle regole di autogoverno delle scuole, non si è peritato di sottoporlo al collegio docenti, unico organismo deputato ad adottare un progetto didattico, né di presentarlo agli studenti, spiegando che “la loro partecipazione non era prevista in questa fase”. E l’ha presentato ai membri del Consiglio di istituto, l’organismo competente ad approvare ogni operazione che incida sull’organizzazione e sulle finanze della scuola, solo a ridosso della seduta del 4 maggio scorso, nonostante il progetto fosse nel cassetto del preside da fine febbraio. 


Così, il Consiglio d’istituto, con 7 voti contrari, 3 astenuti e due favorevoli (solo il preside e un genitore), ha respinto l’adozione del progetto.


Fin qui sembrerebbe normale storia di scuole nelle quali le decisioni e i metodi manageriali di un preside non trovano l’assenso della grande maggioranza della comunità scolastica. D’altronde si insegna che la democrazia è viva quando è possibile contestare e respingere le decisioni dei dirigenti.


Invece, apriti cielo. La Repubblica, con un articolo di Valentina Lupia, definisce l’opposizione al progetto “una scelta ideologica fatta da genitori contrari alla tecnologia e agli investimenti nella scuola”. E non solo. Evidentemente sollecitati da qualcuno, si sono perfino scomodati i nipoti di Pilo Albertelli, che, con una loro lettera, pur confessando di essere “naturalmente lontani” dalle decisioni, sollecitano a “non disperdere quanto costruito e a cogliere questa opportunità straordinaria, che potrebbe non ripresentarsi per decenni”, al fine di “riportare il liceo ai fasti di un tempo”.


La presidente dell’Associazione presidi del Lazio, Cristina Costrelli, peraltro ha dichiarato che il voto dell’organo collegiale non vale nulla. Notare bene, è in forza della cosiddetta “autonomia scolastica” che i presidi sono diventati “dirigenti”, raddoppiando il proprio stipendio. Ma per lei questa autonomia non vale più. Per lei, se la scuola non si adegua alle indicazioni ministeriali, semplice: va commissariata. Cosa confermata anche dal preside dell’Albertelli che ha dichiarato a Repubblica: “Sì, tecnicamente potrebbe arrivare un commissario per l’impiego di questi fondi”.


Numerosi genitori sono insorti e con una lettera aperta hanno denunciato che le vere urgenze sono “le classi pollaio, lo stato dell’edilizia scolastica, la mancanza sistematica di personale docente e ATA che rende impossibile la didattica e i percorsi di inclusione, per non entrare nel merito più complessivo dei processi di aziendalizzazione della scuola”. E continuano: “i progetti PNRR in discussione non guardavano a nessuna di queste urgenze e avrebbero solo costituito un’aggravante, scaricando oltretutto nuovi gravosissimi compiti sulle segreterie sotto organico e su tutto il personale”.  


I genitori negano fermamente di essere “contro le tecnologie e fermi all’Ottocento… tra noi ci sono ingegneri, informatici, fisici, matematici, insegnanti, operatori sociali, lavoratori autonomi, impiegati e operai; lavoriamo con le tecnologie e sulle tecnologie e sappiamo bene che il progresso tecnologico richiede una sempre maggiore complessità e profondità ed un pensiero critico che si nutre di conoscenza disinteressata. Solo con più cultura si può usare la tecnologia per il bene comune” e i “mezzi tecnici non devono trasformarsi in fini”, mentre il piano “scuola 4.0” “mira solo a competenze parcellizzate finalizzate a lavori estremamente specifici”


E quanto alle attrezzature, fanno presente che questa all’Albertelli non manca: “Abbiamo 41 smart tv, 7 proiettori, 49 pc notebook, 41 pc desktop”… dunque perché spendere 150.000 euro “per ulteriori attrezzature multimediali che hanno una vita brevissima e che quindi acuiscono, non arginano, la percezione di vivere in un mondo effimero”, soprattutto senza spiegare “come i dispositivi digitali possano concorrere… al benessere emotivo e allo stimolo relazionale, allo sviluppo dell’empatia degli studenti o a rendere protagonista l’alunno che si avvicina sempre di più alla scelta consapevole del proprio ruolo in una società sempre più complessa”


Gli studenti e le studentesse dell’OSA-Opposizione Studentesca d’Alternativa riuniti in assemblea hanno fatte proprie le motivazioni con cui il consiglio d’istituto ha respinto il progetto in quanto esso “fa bene solo al profitto di alcune aziende e non alla scuola”, “distorce la didattica in nome di un modello aziendalistico di scuola” e “attacca la democrazia”. L’OSA ha convocato per lunedì 22, alle 7.30, all’ingresso dell’Albertelli, in via Daniele Manin, una conferenza stampa.