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Francia, l’estrema destra e le donne

Dietro la “normalizzazione” del Rassemblement national si nasconde una visione fondamentalmente reazionaria della società (prima parte)

di Céline Mouzon, da alternatives-economiques.fr

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Aborto, 6 anni fa la vittoria in Irlanda. Firmiamo per legalizzarlo in tutta la UE

Esattamente sei anni fa, nel 2018, il popolo irlandese vinse un referendum sul diritto all’aborto, per renderlo sicuro e legale.

Il divieto di aborto è stato revocato dopo la vittoria del referendum perché le persone si sono battute per i diritti delle donne e per la loro libertà di scelta.

Vietare questa possibilità di scelta non ferma gli aborti, li rende solo pericolosi, impone solo oneri e pressioni inutili sulle donne. Prima della vittoria del referendum in Irlanda, 9 donne al giorno si recavano nel vicino Regno Unito per abortire, mentre molte di più ordinavano pillole abortive online o utilizzavano metodi non sicuri per interrompere la gravidanza.

Ma il popolo irlandese ha mostrato il suo spirito e ha lottato per il cambiamento.

Oggi possiamo tutti stare dalla parte dei 20 milioni di donne in Europa che non hanno accesso all’aborto sicuro, gratuito, legale e accessibile. Per i 79 milioni che vivono in paesi dove l’aborto è legale ma non gratuito.

Possiamo cambiare questa situazione con l’iniziativa dei cittadini europei My Voice, My Choice volta a fornire assistenza per l’aborto sicura, accessibile e gratuita a tutti coloro che ne hanno bisogno nell’UE.

Per fare questo abbiamo bisogno di 1 milione di firme, abbiamo bisogno del tuo aiuto:

1. Se non l’hai ancora fatto, firma l’Iniziativa dei cittadini europei per un aborto sicuro e accessibile in Europa.

2. Scrivi un post sui tuoi social, condividendo questo articolo.

3. Invialo per mail ai tuoi amici e familiari.

Oggi dobbiamo dimostrare nuovamente il nostro spirito di solidarietà.

Facciamolo per milioni di donne nella UE che ancora non hanno la libertà di scegliere.

Campagna europea per un aborto sicuro e accessibile

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Unione europea, difendiamo il diritto all’aborto

A pochi mesi dalla storica vittoria rappresentata dalla costituzionalizzazione dell’aborto in Francia, la battaglia per garantire il diritto e l’accesso all’aborto si sta diffondendo in tutta Europa. Ovunque l’estrema destra sia in ascesa, i diritti riproduttivi e sessuali sono minacciati.

Il 5 marzo, alcune delle principali organizzazioni femministe europee (risalta per la sua assenza l’Italia) hanno lanciato un movimento con l’obiettivo dichiarato di chiedere all’Unione Europea di organizzare un accesso libero e senza restrizioni all’aborto in tutta Europa.

Questa Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) garantirà l’accesso all’aborto a tutti in Europa. Mentre la maggior parte dei paesi europei ha depenalizzato l’aborto, molti lo hanno limitato fino a renderne impossibile o qualsi impossibile l’accesso.

Ecco una panoramica dei diritti e dell’accesso all’aborto in Europa:

  • In Austria, il costo è interamente a carico della persona che desidera abortire. Il costo è compreso tra 300 e 1.000 euro ed è soggetto all’IVA del 20%;
  • A Malta, l’aborto è consentito solo se la vita della persona che porta in grembo il bambino è in pericolo e il feto non è vitale;
  • In Italia, l’aborto è autorizzato entro 90 giorni, ma l’accesso è molto complicato, la clausola di coscienza è utilizzata dal 50 al 97% della professione medica a seconda della regione e le associazioni antiabortiste sono recentemente riuscite a entrare nei centri per l’aborto;
  • In Polonia, l’aborto è vietato tranne che nei casi di stupro, incesto o se la vita della gestante è in pericolo. Questo deve essere giustificato;
  • In Ungheria, l’aborto è consentito entro le 10 settimane, ma chi desidera abortire deve pagare l’intero costo, ascoltare il battito cardiaco del feto e sottoporsi a una consulenza psicologica;
  • In Spagna, l’autorizzazione incondizionata è concessa fino a 14 settimane, ma la maggior parte dei medici degli ospedali pubblici sono obiettori di coscienza. Per abortire è necessario rivolgersi a una clinica privata e pagare ingenti spese mediche.

È per tutti questi motivi che questa iniziativa civica è necessaria e che è essenziale firmarla e condividerla per raggiungere un milione di firme. Per costringere la Commissione europea a presentare una proposta di sostegno finanziario per gli stati membri che sarebbero in grado di fornire aborti a tutti in Europa.

Contiamo su di voi per diffondere questo appello al maggior numero possibile di persone – chiunque viva nell’Unione Europea è invitato a partecipare.

Elezioni USA, Biden, tra progressismo sull’aborto e imperialismo reazionario

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Argentina, il Pane e le rose, un femminismo socialista

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8 marzo, sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo

del Collettivo femminista di inchiesta sociale “Ipazia”, da Facebook

Anche quest’anno scendiamo in piazza per la giornata dell’8 marzo per riaffermare la nostra volontà di lotta contro tutte le forme di oppressione, di sfruttamento e di razzismo che riguardano le donne.

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Stati generali della natalità, il capitalismo di fronte alle "culle vuote"


di Giovanna Russo

Il recente decreto legge sul lavoro, con le sue misure di ampliamento delle forme di precarietà, il ridimensionamento del reddito di cittadinanza, colpiscono in particolare le donne, che più spesso degli uomini si trovano in condizioni di disoccupazione e di lavoro povero. Ma oltre l’aumento delle difficoltà materiali di vita, c’è una pressione ideologica reazionaria specifica, centrata sul tentativo di rilanciarne il ruolo di asse portante del lavoro di riproduzione sociale all’interno di una famiglia dalla forma patriarcale tradizionale. 

La triade “dio-patria-famiglia”, che è stata al centro della campagna elettorale di FdI, è ora terreno della politica governativa di riordino sociale in cui le donne sono viste come fattrici per la riproduzione biologica, segregate nella subalternità dei ruoli familiari, in un quadro di ri-disciplinamento dell’intera società. 

La terza edizione degli “Stati generali della natività”, nella due-giorni romana (11-12 maggio), è stata la rappresentazione eloquente di questo orientamento politico-ideologico e delle sue finalità. La nutrita presenza di ministri,  rappresentanti istituzionali ed esponenti di grandi aziende economiche, oltre quella immancabile del Papa, ha mostrato l’importanza della questione demografica per l’insieme della classe dominante: nell’attuale trend demografico che ha condotto la natalità ai minimi storici, con poco più di 300.000 nascite annuali, il capitalismo ha l’interesse generale di assicurarsi la sostituzione generazionale della forza lavoro e la “carne da cannone” per le prospettive militari internazionali,  ma trova spazio anche la preoccupazione  contingente delle aziende del settore materno-infantile di fermare il restringimento del mercato dei prodotti per l’infanzia.  

Nella brochure intitolata Avete mai immaginato un mondo senza bambini? sono evocati scenari apocalittici di una “Italia spopolata da qui alla fine del secolo”. Blanciardo, presidente dell’Istat, già noto per la sua proposta di includere i feti abortiti nel calcolo delle aspettative di vita, ha accreditato la tesi della necessità di almeno 500.000 nuovi nati all’anno; vi hanno fatto eco una sequela di affermazioni clerico-razziste sulla necessità di una filiazione italiana – beninteso da coppie eterosessuali – per scongiurare il pericolo di “sostituzione etnica” da parte degli immigrati “che ci invadono”. Il ministro Lollobrigida si è lanciato nella difesa dell’etnia italiana e dell’identità della “nazione” da difendere con ogni mezzo.

Queste squallide dichiarazioni si potrebbero liquidare come grottesche, se non fossero condivise da esponenti della classe dirigente di numerosi paesi dell’occidente industrializzato, sostenute dal fondamentalismo religioso e da centinaia di associazioni antiabortiste, se non si collegassero alle tesi di raggruppamenti neo-nazisti che coltivano teorie sulla purezza della razza di hitleriana memoria.

Il governo riafferma la concezione della famiglia gerarchica, patriarcale e bianco-ariana – malgrado l’esistenza attuale di una molteplicità di forme di famiglia e di convivenza – arrivando a non riconoscere i diritti dei figli di coppie omogenitoriali, impedendone la registrazione anagrafica, come un tempo si discriminavano i figli nati fuori dal matrimonio. 

Durante la convention sulla natalità, gli oppositori di centro-sinistra (Schlein, Conte, Carfagna, Bonetti) non hanno saputo che esporre le difficoltà economiche delle donne e le carenze dei servizi sociali di sostegno (di cui sono responsabili i governi di tutti i colori) a giustificazione del calo delle nascite. 

Meloni ha risposto prospettando interventi vari, già promessi senza esito diverse volte, ma soprattutto incentivi alle aziende che assumono donne o le riassumono dopo la maternità. Perché le donne “devono poter lavorare”:  in realtà,  per dirla tutta, mancando il sistema economico di una sufficiente offerta di forza- lavoro, le donne devono continuare a rimbalzare dallo sfruttamento nella sfera del mercato formale a quello nella sfera familiare, in più portando “figli alla patria”. 

Nessun accenno ai fattori di infertilità dovuti all’inquinamento ambientale, alla mancanza di fiducia nel futuro o allo stress del doppio lavoro, aumentati enormemente tra le coppie sterili che vorrebbero un figlio; nessun rammarico per gli “aborti bianchi” dovuti alle pesanti condizioni di lavoro nelle fabbriche.

Noi pensiamo che la crisi demografica che investe i paesi dell’occidente industrializzato – in cui l’Italia si colloca ai primi posti –  sia una crisi di capacità del sistema capitalistico di riprodurre la specie umana, nella sua fase decadente distruttiva. Questo problema rimane irrisolto all’interno delle istituzioni sociali storicamente determinate che privatizzano e scaricano la responsabilità genitoriale sulle sole donne, rinchiudendole nella subordinazione di genere.

La diminuzione delle nascite è la risposta legata soprattutto ai cambiamenti di immagine che le donne hanno di sé, ai programmi di vita che vanno oltre lo scopo tradizionale della procreazione, al diritto di scelta che si sono conquistate, compreso quello di accedere alla maternità in una età non precoce come un tempo. Su questo i bonus economici possono poco, come dimostra l’esperienza degli stati dove le politiche familiari sono più sviluppate.

La visione del mondo sessista e nazionalista delle destre, per altro tacitamente connivente con gli spazi di profitto aperti da una vasta casistica di forme del mercato riproduttivo, viene portata in tutti gli ambiti possibili, nel tentativo di influenzare il senso comune e il mercato del consenso.  

Quando incontra il dissenso pubblico, la vocazione autoritaria è pronta ad impedirne l’espressione. E’ accaduto recentemente al Salone Internazionale del Libro di Torino, quando la presentazione di un libro di Eugenia Roccella, ministra della famiglia, della natalità e delle pari opportunità, è stata contestata dai collettivi di Extinction Rebellion e di Non una di meno di Torino. L’episodio si è concluso con la denuncia di 29 attiviste, che dovranno rispondere del reato di violenza privata. 

Ad esse va la nostra completa ed attiva solidarietà. E’ evidente l’intento intimidatorio di dissuadere le contestazioni simili, di stroncare sul nascere ogni opposizione accampando il pretesto della libertà di parola, pur non mancando certo né la ministra Roccella né gli altri politicanti di strumenti per far sentire la propria voce e imporre il peso della maggioranza.

Meloni ha definito l’episodio “inaccettabile e fuori da ogni logica democratica”. Ma non è certo accettabile né democratico disapplicare la legge 194 con l’obiezione di coscienza negli ospedali pubblici, tagliare le spese ai consultori e alle strutture della salute riproduttiva, usare mezzi di umiliazione e di ricatto come il seppellimento dei feti per colpevolizzare le donne che ricorrono all’aborto, distribuire finanziamenti ai movimenti pro-life che proprio in Piemonte hanno raggiunto la cifra record di 400 milioni.
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No pasaran!

L’Internazionale nera in costruzione

di Yorgos Mitralias

Con l’interesse concentrato – giustamente – sulla guerra che sta conducendo contro l’Ucraina e il suo popolo, spesso dimentichiamo di riconoscere i “tratti caratteriali” fondamentali del putinismo, che ne fanno il portabandiera di un’Internazionale nera in divenire. Eppure, sono proprio questi “tratti caratteriali” ultra-reazionari del putinismo a spiegare non solo le sue tendenze bellicose, ma anche il motivo per cui l’ala più dura dell’estrema destra internazionale sostiene la sua guerra ucraina. E questo in un momento in cui, nonostante le grandi sconfitte elettorali appena subite in Brasile (Bolsonaro) o negli Stati Uniti (Trump), questa Internazionale nera in fieri continua a rappresentare la più grande e immediata minaccia ai diritti e alle conquiste democratiche e sociali in tutto il mondo!


La prima lezione da trarre da questi risultati dovrebbe essere che il sostegno internazionale alla guerra di Putin non è né casuale né effimero, ma è molto forte perché corrisponde alle profonde “affinità elettive” ideologiche dei suoi autori. Così, l’apparente “mistero” che circonda la più che stretta collaborazione tra due regimi totalmente dissimili, come la Russia laica e l’Iran teocratico, si dissolve non appena si prende in considerazione il fatto che essi condividono gli stessi “valori” liberticidi e oscurantisti e praticano le stesse politiche profondamente repressive e antidemocratiche.

Viste da questa angolazione, sia la guerra ucraina di Putin che la minaccia dell’ “Internazionale nera in fieri” acquistano un significato e un contenuto molto più concreto e formidabile, perché questo contenuto delinea i contorni di un vero e proprio programma di controrivoluzione civile e antidemocratica per l’intera umanità! Infatti, come abbiamo scritto in un precedente articolo, questi autocrati ultra-reazionari e i loro regimi che compongono l’Internazionale nera “sono accomunati dal razzismo, dalla xenofobia, dall’autoritarismo, dall’islamofobia e dall’antisemitismo, dall’aperto rifiuto della democrazia parlamentare (borghese), dalla misoginia e dall’odio nei confronti dei diritti umani, la loro adorazione per i combustibili fossili e lo scetticismo climatico, il loro militarismo, il loro disprezzo per i diritti e le libertà democratiche, la loro visione poliziesca della storia e il loro complottismo, il loro odio per la comunità LGBTQ, il loro oscurantismo e il loro attaccamento viscerale al trittico Dio-patria-famiglia.

Naturalmente, non è una coincidenza che l’odio per le donne e per tutto ciò che è diverso permei l’ideologia e la pratica di tutti questi bel mondo fascistizzante. Dagli ayatollah iraniani a Trump e Orban, da Bolsonaro ed Erdogan a Putin, dall’indiano Modi allo spagnolo Abascal (Vox) e al francese Zemmour, tutti questi leader di estrema destra nutrono un disprezzo viscerale e un odio che rasenta la misoginia per le donne che non accettano “il loro ruolo tradizionale” e per tutti coloro che sfidano la mascolinità aggressiva che essi stessi esplicitamente professano ed esibiscono. Così, il diritto all’aborto è nel mirino della trumpiana Corte Suprema degli Stati Uniti, che lo attacca frontalmente, mentre il putinismo si limita per ora a vietare “qualsiasi forma di pubblicità per l’aborto”, arrivando a riesumare l’idea staliniana di premiare con il titolo di “Madre Eroe” e una cospicua somma di rubli le donne “che partoriscono e allevano almeno 10 figli”. Inoltre, non è un caso che praticamente tutti questi leader eccellano in sessismo e volgarità e non esitino a lodare pubblicamente… lo stupro. Da Bolsonaro che ha detto a una deputata che “non meritava di essere violentata da lui”, a Trump (che è stato accusato di due dozzine di stupri o aggressioni sessuali) che ha detto “quando sei una star, ti lasciano fare. Puoi prenderle per il c…, puoi fare quello che vuoi”, e a Putin che dice di essere “invidioso” della decina di stupri per i quali è stato condannato l’ex presidente di Israele Moshe Katzav, o che apostrofa l’Ucraina che gli resiste con l’eloquente frase “Che ti piaccia o no, mia cara, dovrai sopportarlo”!

Va da sé che tutta questa valanga di sessismo orribilmente rozzo e aggressivo è benedetta dalle chiese più retrograde, come gli evangelici nel caso di Bolsonaro e Trump, e gli ortodossi russi nel caso di Putin. Le stesse chiese che sono molto puritane quando si tratta di difendere la “famiglia tradizionale” e di reprimere duramente quella che questi leader chiamano “sessualità non tradizionale”. Ecco quindi l’oligarca ed ex agente dei servizi segreti, il patriarca russo Kirill, affermare che la guerra contro l’Ucraina ha un significato metafisico come lotta per la verità divina contro il peccato, quel peccato supremo che è… l’omosessualità che il decadente Occidente vorrebbe imporre ai russi! E Putin, che continua a chiamare l’Europa “Gayropa”, mentre se ne esce con il seguente aforisma in difesa dei suoi amati “valori tradizionali”: “Vogliamo che la nostra Russia non sia più la nostra patria? Vogliamo che i nostri figli siano pervertiti, che gli venga detto che oltre agli uomini e alle donne ci sono altri generi? Una simile negazione dell’essere umano è come un aperto satanismo”. Quanto a Vladimir Soloviev, il primo propagandista del putinismo, proclama che la guerra contro l’Ucraina è solo un “contrattacco” lanciato in risposta al “genocidio di coloro che rifiutano i valori LGBT-nazi-transgender”!…

Fortunatamente, la Russia di oggi non è (ancora?) la Germania di Hitler e Putin si limita per il momento a vietare la “propaganda LGBT” e a moltiplicare le vessazioni nei confronti degli omosessuali russi. Ma non è così ovunque nella Federazione Russa, perché in Cecenia il suo vassallo jihadista Ramzan Kadyrov professa e pratica la liquidazione fisica degli omosessuali, che equipara a “Satana”… con l’assordante tacito assenso di Putin!

Ci siamo concentrati sulle politiche dei leader dell’emergente Internazionale nera nei confronti delle donne e delle comunità LGBT+ per due motivi: in primo luogo, perché queste politiche sono altamente rappresentative della loro “ideologia”, mentre concentrano in esse quasi tutti i loro “tratti”, dalla sistematica violazione dei più basilari diritti umani e dall’accentuato oscurantismo della loro “ideologia”, fino alla concezione e all’attuazione dello Stato di polizia antidemocratico e repressivo. In secondo luogo, perché ovunque si trovino questi leader, dall’Iran degli Ayatollah agli Stati Uniti di Trump, dalla Russia di Putin al Brasile di Bolsonaro, sono le donne e i movimenti femministi e LGBT+, spesso di massa, a guidare la resistenza più efficace e radicale. Non sorprende quindi che i commentatori occidentali e altri “analisti” della guerra di Putin si concentrino su di essa sui nostri schermi televisivi, parlando tutto il giorno della continuità tra le politiche liberticide e barbariche di Putin e quelle dei… bolscevichi.

La menzogna è enorme e la verità storica diametralmente opposta. Putin non può essere “l’erede dei bolscevichi”, non solo perché continua a ripetere che… odia quei bolscevichi più di chiunque altro, ma soprattutto perché sta facendo l’esatto contrario di ciò che quei bolscevichi fecero a loro tempo. Diritti all’aborto? Putin e i suoi amici la stanno riducendo o addirittura abolendo, quando i bolscevichi sono stati i primi nella storia dell’umanità a depenalizzarla e a istituirlo “in ospedale e gratuitamente”, diversi decenni prima degli altri paesi cosiddetti “civilizzati” (gli Stati Uniti l’hanno fatto solo nel 1973 e la Francia nel 1975, in Italia nel 1978). Lo stesso vale per il diritto di voto alle donne, la parità giuridica tra uomini e donne e il divorzio, che sono stati istituiti ben prima dei paesi occidentali. Non è un caso che il primo capo di governo donna (Ievguenia Bosch in Ucraina) e il primo ministro (Alexandra Kollontai) della storia mondiale siano stati bolscevichi.

Ma l’enormità della loro menzogna è sconcertante quando si riferiscono al trattamento della comunità LGBTQ. Putin sta reprimendo e abolendo i loro (magri) diritti esistenti, quando i bolscevichi sono stati i primi al mondo a depenalizzare l’omosessualità, solo poche settimane dopo la Rivoluzione d’Ottobre! Inoltre, hanno permesso alle persone transgender di ricoprire posti di lavoro pubblici e di prestare servizio nell’esercito, oltre a consentire loro di cambiare il proprio sesso su richiesta attraverso una semplice formalità amministrativa. Cioè, hanno concesso diritti che continuano a non essere disponibili nella maggior parte dei paesi, anche in Occidente, più di un secolo dopo! E tutto questo in un paese arretrato e in rovina, governato da un partito (bolscevico) i cui diversi leader (ad esempio Lenin) e gran parte dei suoi membri consideravano ancora l’omosessualità come una “malattia”. Ciò non impedì al giovane stato sovietico di avere, dal 1918 al 1930, come ministro (commissario) per gli Affari esteri Georgi Chitcherin, un omosessuale dichiarato…

Detto questo, l’apparente “paradosso” dell’accettazione unanime, da parte della destra e di una certa sinistra, dell’affermazione che il putinismo affonda le sue radici nel bolscevismo, appare per quello che è: un monumentale imbroglio che serve gli interessi di entrambe le parti. Perché? Perché entrambe le parti hanno interesse a distorcere la verità storica per poter equiparare i bolscevichi, che per primi hanno istituito tutti questi diritti e libertà democratiche, a Stalin, che li ha soppressi… insieme ai loro autori.

Il nostro epilogo è senza dubbio allarmante: Sì, è molto reale, diretta e da incubo la minaccia ai nostri diritti e alle nostre libertà democratiche e sociali rappresentata da questa Internazionale nera in fieri, che affonda le sue radici sia nel fascismo che nello stalinismo, in tutte le cose più mostruose che sono accadute nel secolo scorso. Tanto più che sembra essere sempre più armato di un vero e proprio programma di controrivoluzione civile per l’intera umanità, proprio nel momento in cui questa umanità sembra più confusa e disorientata che mai, trovandosi al crocevia di tante crisi cataclismatiche…