Senegal, non deludere il desiderio di cambiamento

di Paul Martial, redattore di International Viewpoint, Afriques en Lutte, da L’Anticapitaliste

La vittoria di Bassirou Diomaye Faye, frutto della mobilitazione popolare, crea una nuova situazione politica che permette alla sinistra radicale di spingere per una vera rottura con il passato.

Dal carcere al palazzo presidenziale, Bassirou Diomaye Faye ha avuto un percorso piuttosto insolito: ha appena vinto le elezioni presidenziali al primo turno con oltre il 54% dei voti, un’impresa unica nella storia del Senegal.

Continuità politica

Il paese ha attraversato due grandi periodi politici, quello dei governi del Partito Socialista con Léopold Sédar Senghor e poi Abdou Diouf, seguito da quello dei liberali con Abdoulaye Wade e Macky Sall.

A parte le etichette politiche, le politiche perseguite sono state le stesse. Una presidenza forte che non ha esitato, durante le crisi sociali o politiche, a ricorrere alla repressione violenta contro gli oppositori, con morti e incarcerazioni. Attacchi alla stampa. Corruzione che ha alimentato il clientelismo su cui si sono basati i governi successivi e che è servita anche come giustificazione per licenziare gli oppositori politici.

Il che significava un sistema giudiziario che faceva i suoi interessi.

Il governo di Macky Sall può aver creato l’illusione di un piano di emersione del Senegal, con il lancio di grandi progetti come il treno espresso regionale, la creazione di un nuovo aeroporto internazionale e la costruzione di una nuova città accanto alla capitale Dakar.

Ma questa orgia di cemento ha avvantaggiato soprattutto i più abbienti e non ha fatto nulla per ridurre la povertà, che colpisce più della metà della popolazione, o per frenare l’endemica disoccupazione giovanile.

I limiti di un programma

Sono proprio questi giovani, che si rifiutano di accettare un futuro senza prospettive se non quella di imbarcarsi in un’immigrazione che mette a repentaglio la loro vita, che si sono mobilitati per la vittoria di Faye.

Con il suo mentore Ousmane Sonko, la popolarità della loro organizzazione PASTEF (Patriotes africains du Sénégal pour le travail, l’éthique et la fraternité), sciolta da Macky Sall, sta nell’aver denunciato la corruzione delle élite del paese.

Faye si descrive come un candidato anti-sistema, di rottura, che promuove la sovranità politica ed economica del paese. Sebbene il programma politico di Bassirou Diomaye Faye sia particolarmente dettagliato, è anche altamente tecnocratico e non menziona mai la necessità della partecipazione dei cittadini alla costruzione del nuovo ordine politico promesso.

Il filo conduttore rimane la promozione e lo sviluppo delle imprese senegalesi, viste come fonte di sviluppo del paese. Sebbene il futuro presidente abbia espresso il suo sostegno all’uscita del Senegal dal franco CFA, questa misura, come la chiusura della base militare francese, non compare.

Le principali richieste di diritti delle donne non vengono prese in considerazione, riflettendo una visione conservatrice della società.

Le organizzazioni della sinistra radicale che hanno sostenuto la candidatura di Faye possono fare leva su questa mobilitazione popolare per spingere una politica che risponda alle aspirazioni e ai bisogni della popolazione.

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