L'Assemblea di Tunisi per la dignità dei migranti si rivolge alla conferenza dei "potenti"

 

Nella giornata di oggi 23 luglio si svolge a Roma presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, la “Conferenza internazionale su Sviluppo e Migrazioni”, alla presenza di capi di stato, di governo, di ministri degli Esteri della regione del Mediterraneo, dei vertici dell’Unione europea e delle principali Istituzioni finanziarie internazionali.

Basta considerarne i partecipanti per capire che l’obiettivo di questa “conferenza” intergovernativa sarà quello di limitare ulteriormente il diritto alla libertà di movimento, espellere i migranti, violare i diritti dei rifugiati e legittimare politiche di neocolonialismo per i popoli dei paesi del Sud.

Proprio in previsione di questo incontro dei “potenti”, su iniziativa di numerose organizzazioni della società civile tunisina, magrebina e africana, ma anche di movimenti civili e giovanili, tre giorni fa, il 20 luglio, a Tunisi, si è tenuto un’importante riunione militante dal titolo “Incontro popolare contro le politiche migratorie europee disumane e in solidarietà con i migranti”, con dibattiti e una serata culturale. 

All’incontro hanno partecipato rappresentanti delle organizzazioni della società civile, dei sindacati e dei movimenti sociali e civili di Tunisia, Algeria, Libia, Marocco, Niger, Mali e di vari paesi europei.

Dunque, pubblichiamo qui sotto il testo del comunicato dell’Assemblea popolare di Tunisi.

Comunicato dell’Assemblea popolare per la dignità dei migranti

In Africa, nessuno sviluppo senza mobilità!

In Europa, nessuna tregua senza sviluppo in Africa!

Associazioni della società civile della Tunisia, del Maghreb, dell’Africa occidentale e dell’Europa si sono riunite a Tunisi il 20 luglio per esprimere e affermare il loro disaccordo con le politiche migratorie perseguite dai governi. I muri si ergono su tutti gli orizzonti e testimoniano una disastrosa guerra alla mobilità umana. 

Privati delle risorse o minacciati da conflitti e disastri naturali, i popoli non hanno né il diritto di migrare, né il diritto di non migrare, né il diritto di essere salvati, intrappolati da chi li governa e da chi domina il mondo.

La disinformazione, la propaganda e lo sfruttamento della paura stanno portando tutti i paesi a una regressione sociale e politica che pone come unica panacea la militarizzazione dei confini e la corsa agli armamenti. 

Denunciamo la riunione dei governi che si terrà il 23 luglio a Roma e portiamo all’attenzione dell’opinione pubblica africana ed europea i seguenti punti:

Dopo settimane di intensi negoziati e molteplici visite di rappresentanti dell’Unione europea guidati dal primo ministro italiano, l’UE e la Tunisia hanno infine firmato un memorandum che copre questioni che vanno dalla migrazione alla cooperazione economica, che non è altro che una cortina di fumo destinata a nascondere l’essenziale. 

La migrazione è infatti la vera posta in gioco di questo accordo, che non è ancora chiaro come funzionerà e sarà attuato. Riteniamo che l’accordo risponda principalmente alle esigenze e alle aspettative dell’Unione europea, senza tenere conto delle sfide che i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo devono affrontare.

L’Unione europea sta chiaramente perseguendo la sua strategia di esternalizzazione delle frontiere e di allontanamento dei migranti ritenuti indesiderabili. Dopo la crisi di accoglienza dei migranti del 2015, causata dal movimento di persone in fuga dalle guerre imperialiste nei quartieri orientali e meridionali dell’Europa, le richieste dell’UE prevedono la criminalizzazione delle operazioni umanitarie in mare e l’assoggettamento di paesi africani come il Niger e ora la Tunisia.

Nel caso della Tunisia, denunciamo ancora una volta, come già sotto il regime di Ben Ali nel 1995, accordi firmati senza alcuna consultazione maghrebina o africana, senza un vero dibattito democratico e in assenza di un parlamento rappresentativo, stigmatizzando qualsiasi voce libera della società che esprima critiche, rifiuto e indignazione.

La destra e l’estrema destra europea si rallegrano di questo accordo, che è in linea con la loro visione, ostile ai migranti e una risposta perfetta alla proliferazione della paura degli stranieri tra un’opinione pubblica sempre più xenofoba e razzista. 

Il presidente tunisino Kais Said, sulla stessa linea e desideroso di mettere a tacere l’opposizione e la società civile, cerca di sfruttare questo accordo presentandolo come un mezzo per proteggere il paese dalle “orde di migranti subsahariani invasori”, come annunciato nel suo “discorso della vergogna” del 21 febbraio. 

Gli attivisti indipendenti della società civile tunisina esprimono ancora una volta il loro rifiuto qui e ora e chiedono l’apertura del dibattito sulla migrazione, al fine di riorientare il dialogo sui problemi strutturali legati alla povertà, ai conflitti, all’accaparramento della ricchezza e alla distruzione dell’ambiente.

Ricordiamo inoltre che, nonostante l’adozione in Tunisia di una legge contro il razzismo e la xenofobia, unica nel suo genere nella regione del Maghreb e dell’Africa, stiamo assistendo all’aumento dei discorsi di odio e della caccia ai migranti. Consideriamo i tristi eventi di Sfax (dove nei giorni scorsi si è assistito a episodi di vera e propria caccia all’uomo contro i migranti subsahariani, ndt) un punto di svolta importante e una catastrofe umanitaria.

Ricordiamo anche che la tragedia di Nadhor-Mellila nel 2022 in Marocco, che è costata la vita a 27 migranti e ha portato alla scomparsa di centinaia di altri, così come il recente naufragio di un’imbarcazione che trasportava più di 700 persone nel Mediterraneo centrale, o il ritrovamento del corpo di un neonato in stato di decomposizione su una spiaggia vicino a Barcellona in seguito al naufragio di un’imbarcazione proveniente dalle coste algerine, costotuiscono un susseguirsi di tragedie e la prova dei risultati delle politiche di sicurezza e del destino comune di nordafricani, subsahariani ed europei. 

Rendere invisibili i destini intrecciati delle persone è una manipolazione politica irresponsabile e contraria alla realtà.

Dire che siamo tutti africani non è una frase vuota: significa denunciare tutte le forme di razzismo nel Nord e nel Sud del mondo e proclamare l’imperativo della solidarietà e dell’unità intorno ai principi dei diritti umani e del rispetto del diritto alla pari mobilità di tutti i cittadini del mondo. 

Gli attori della società civile del Nord Africa, dell’Africa e dell’Europa sono chiamati a unire le loro voci per segnalare all’opinione pubblica l’impasse delle politiche attuali. 

L’Europa dei capitali ha trasformato la migrazione in una questione che può essere risolta mercificando l’asilo politico, violando il diritto internazionale ed esternalizzando le frontiere per miliardi di euro, lasciando credere ai governati che il loro destino non sia legato a quello degli altri popoli della regione e che le mura della fortezza resisteranno ai colpi di chi ha perso la speranza.

Ricordiamo qui la Carta di Nairobi del 1981, che stabilisce che gli stati africani 

“consapevoli del loro dovere di liberare la totalità dell’Africa, i cui popoli continuano a lottare per la loro vera indipendenza e dignità, si impegnano a eliminare il colonialismo, il neocolonialismo, l’apartheid, il sionismo, le basi militari straniere di aggressione e tutte le forme di discriminazione, in particolare quelle basate sulla razza, l’etnia, il colore, il sesso, la lingua, la religione o le opinioni politiche”.

A nostro avviso, l’incontro di Roma, annunciato come “vertice euro-africano”, fa parte della continuazione e del rafforzamento di politiche inefficaci e ingannevoli il cui unico obiettivo è il respingimento su larga scala e la giustificazione di un trattamento disumano e discriminatorio di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. 

Vorremmo sottolineare che sia nel Nord che nel Sud del mondo, le autorità sono paternaliste, depotenziano i cittadini e si abbandonano sempre più a riflessi autoritari che criminalizzano la solidarietà e prendono di mira gli attivisti e le organizzazioni per i diritti. 

In democrazie sempre meno rappresentative, assistiamo a una competizione politicizzata tra tecnocrati che lottano per il potere e per servire interessi consolidati. 

La nostra risposta è inequivocabile: ci rifiutiamo di fare dell’accordo tra Tunisia e UE un modello da seguire, lo denunciamo e chiediamo un dialogo responsabile e partecipativo che includa le forze civili, politiche, sindacali e dei cittadini per promuovere soluzioni alternative e sostenibili che portino diritti.

La società civile tunisina, magrebina, africana, europea e internazionale deve agire con urgenza. Continuiamo a difendere l’ospitalità contro l’odio, l’accoglienza contro il respingimento, le frontiere aperte contro il confinamento, e ci rivolgiamo all’opinione pubblica di tutto il mondo per dirglielo:

  • Affermiamo che la mobilità è un fattore essenziale per lo sviluppo dell’Africa, chiediamo il rispetto della libertà di movimento nel continente e chiediamo l’introduzione urgente di un sistema di protezione sociale universale che consenta la mobilità e il riconoscimento delle conquiste sociali a livello regionale e internazionale;
  • Invitiamo i sindacati a raddoppiare gli sforzi per regolare la governance della mobilità dei lavoratori e a contribuire attivamente a soluzioni che portino diritti e progresso sociale sia nei paesi di origine che in quelli di destinazione;
  • Rinnoviamo il nostro appello per la regolarizzazione dei migranti privi di documenti, la rimozione delle barriere amministrative e la lotta contro lo sfruttamento dei lavoratori vulnerabili intrappolati da un modello economico predatorio e ipocrita;
  • Insistiamo sulla necessità di considerare seriamente la questione della fuga dei cervelli e la perdita fatale che rappresenta per lo sviluppo dei paesi di origine;
  • Chiediamo ai migranti di organizzarsi per agire come interlocutori nel processo di protezione delle vittime e di integrazione nelle società di accoglienza;
  • Chiediamo al movimento delle donne di includere le donne migranti come forza trainante nella lotta contro il patriarcato e lo sfruttamento delle donne;
  • Chiediamo alla comunità internazionale di pilotare un sistema di salvataggio e identificazione delle vittime e di porre fine agli interventi punitivi e omicidi delle forze di sicurezza;
  • Chiediamo una politica proattiva per fare della diversità culturale e della creatività le forze vive di un modo migliore di vivere insieme.

Ribadiamo che la capacità di adattamento e di progresso sociale delle società umane non può essere appannaggio esclusivo della classe politica; è soprattutto una questione di partecipazione, di ascolto e di confronto con le forze vive che guidano una società umana in movimento. 

La presa in carico di questo programma di lotta e mobilitazione ci impone di unire i nostri sforzi e tutte le nostre energie. È più che urgente creare un quadro di lotta che ci unisca nelle dure battaglie che dovremo condurre nei prossimi mesi e anni.

Per un futuro di progresso sociale nel cuore del Mediterraneo!
Per un Mediterraneo al centro del progresso sociale dei suoi popoli!

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